Il fine settimana in Ungheria è stato senza dubbio il più complicato dell'era regolamentare ad effetto suolo per Verstappen, se non addirittura della sua intera carriera in Red Bull.
Il quattro volte campione del mondo in carica non ha mai trovato neanche il minimo feeling con la monoposto, lamentandosi più volte con il proprio ingegnere di "guidare sul ghiaccio".
La sua prestazione nelle qualifiche disputate al Hungaroring - ottavo, dietro anche alla Sauber di Bortoleto ed alle due Aston Martin - è un chiaro esempio che anche lui, in fondo, è umano.
Ciascun appassionato avrà pensato, almeno una volta nella propria vita, che "Verstappen è un alieno", che "non sbaglia mai" e via discorrendo.
D'altronde, come si può dissentire da certe affermazioni: l'olandese è, probabilmente, tra i migliori piloti nella storia della Formula 1, su ciò vi son pochi dubbi.
Eppure, come successo oggi a Budapest, talvolta Verstappen ricorda al mondo intero (se stesso compreso) di essere semplicemente umano.
Nel sabato del GP d'Ungheria, il classe '97 non ha compreso nessun errore, ma non ha mai trovato quella prestazione "alla Verstappen", quella magia che fa pensare agli altri "ma come ha fatto?".
La sua ottava posizione nelle qualifiche è una dimostrazione - di certo non l'unica - che in Formula 1 la macchina conta più del pilota. O meglio, che il pilota ha una responsabilità limitata nel risultato finale, anche se si chiama Max Emilian Verstappen.
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