Nella Formula 1 moderna, la gestione degli pneumatici sta diventando un fattore sempre più decisivo. Le squadre che riescono a tenerle in vita più a lungo o comprendere il loro comportamento hanno un netto vantaggio sulla concorrenza, specialmente ora che la differenza tra le mescole si fa sentire di meno. A riguardo di questo, però, resta un grande cruccio: correre sotto la pioggia.
Infatti, negli ultimi Gran Premi che si sono tenuti sotto l'acqua abbiamo visto come la direzione gara preferisca esporre la bandiera rossa, piuttosto che puntare sulle gomme full wet. Un caso è stato il GP del Belgio, la cui partenza è stata posticipata di circa 90 minuti per lasciare il tempo alla pista di asciugare; se da un lato è stato corretto non prendersi troppi rischi su una pista pericolosa come quella di Spa, dall'altra i piloti che avevano puntato su un assetto "da bagnato" sono stati penalizzati, e si è corso solo con gomme intermedie.

Come già spiegato da Mario Isola, il cuore del problema sta nelle monoposto a effetto suolo le quali, combinate con i compound da bagnato estremo, sollevano troppi spruzzi, rendendo impossibile vedere. In una recente intervista con Motorsport, però, il direttore del reparto corse della Pirelli ha proposto una soluzione: avere il mono disegno da bagnato. "Un prodotto che funziona in condizioni da bagnato con un crossover che prevede il passaggio alle slick. Questa soluzione permetterebbe di usare meglio le gomme da bagnato e di non avere una full wet che oggi, di fatto, non viene utilizzata", ha detto l'ingegnere.
L'idea è di portare quindi una sola gomma "rain", e poi parlare con i responsabili dei diversi tracciati per risolvere il problema della visibilità, cambiando l'asfalto o introducendo dei modi per drenare l'acqua. "Se si troverà il modo di non avere pozze, un disegno come quello che ho descritto potrebbe funzionare”, ha aggiunto ancora Isola. E se anche solo ora ci sono degli ostacoli in questo sviluppo, il 2026 è ancora più un'incognita. Le vetture potrebbero sollevare meno schizzi, ma resta ancora difficile prevedere il comportamento delle nuove ali.
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