I piloti della Formula 1 sono visti come dei supereroi, capaci di controllare tutto, dentro e fuori la propria vettura. Eppure, anche in questo mondo di estrema pressione e glamour, il tema della salute mentale emerge con forza. Al giorno d'oggi è lecito sapere - e diffondere - che sotto il casco non si nasconde solo il desiderio di essere migliore, ma anche l'ansia, la depressione e la paura del fallimento. Tutte sensazioni che fanno parte di ogni essere umano. Oggi, è la Giornata Mondiale della Salute Mentale: riviviamo insieme alcune testimonanze
Il Coraggio di parlarne: Le Storie di Hamilton, Norris e Bottas
Sono tre le testimonianze più significative che hanno contribuito a creare delle campagne di sensibilazzione sull'argomento
- Lewis Hamilton e la Depressione: Il sette volte campione del mondo ha ammesso di aver sofferto di depressione fin dall'adolescenza, legata sia alla pressione delle corse che alle difficoltà scolastiche, inclusi episodi di bullismo. La sua ammissione – "Ho lottato con la salute mentale per tutta la vita" – ha avuto l'impatto di un vero e proprio terremoto, spingendo il Circus a guardare oltre la pista. Hamilton ha raccontato di aver trovato sollievo nella meditazione, cercando un modo per "fare pace con le mie emozioni".
- Lando Norris e l'Ansia: Il pilota McLaren ha esposto la sua lotta contro l'ansia e il timore di deludere, specialmente nei suoi primi anni in F1. La costante esigenza di essere "perfetto in ogni momento" e la sensazione di non essere all'altezza hanno generato in lui profonde crisi. Norris ha dimostrato che anche le figure più giovani e apparentemente spensierate sono vulnerabili, sottolineando come l'apertura e il supporto del team siano vitali.
- Valtteri Bottas e i Disturbi Alimentari: Un'altra confessione sorprendente è arrivata da Valtteri Bottas, che ha rivelato di aver sofferto di disturbi alimentari. Per un pilota, ossessionato dal peso minimo per la performance, la gestione dell'allenamento e della dieta è sfuggita di mano, diventando un'ossessione. Bottas ha spiegato come questo squilibrio fisico abbia prosciugato la sua energia mentale, portandolo sull'orlo del burnout e, a un certo punto, a pensare di abbandonare la F1.
- George Russell: l'inglese ha ammesso di aver avuto degli incontri con uno psicologo per riprendersi da un incidente che, in passato, gli aveva creato non pochi problemi di gestione dell'ansia. il britannico infatti, ha considerato questa scelta "Come se mi fossi tolto un peso dalle spalle”
La Pressione di dover essere "Perfetti"
Le parole di questi campioni trovano eco in quelle di altri piloti, come Pierre Gasly ed Esteban Ocon, che hanno ribadito quanto l'ambiente del motorsport non ammetta errori, spingendo gli atleti a una ricerca estenuante della perfezione. La costante esposizione, la critica immediata sui social e il rischio che ogni minimo errore possa costare milioni, rendono la stabilità emotiva una componente cruciale del successo, tanto quanto l'aerodinamica. Queste testimonianze stanno inziando lentamente a farci capire come neanche i piloti migliori al mondo sono inermi a queste sensazioni, e di come, soprattutto, sia sbagliato considerarli quasi dei robot. Nella Giornata Mondiale della Salute Mentale, era giusto dare spazio anche a queste voci: piloti coraggiosi, che oltre a sfrecciare a 300 km/h, ammettono la loro vulnerabilità, chiedendo aiuto e diffondendo messaggi importantissimi a tutti i tifosi che li seguono.
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