Montecarlo: massima celebrazione mondana della Formula 1, al tempo stesso sua negazione tecnica. Il più affascinante tra i paradossi, per la massima formula a ruote scoperte. È andata come è andata, per la Ferrari, cioè male, eccettuato il mezzo sorriso di Carlos Sainz sul podio, il quale ha mostrato di avere passo e tenuta delle gomme, alla fine, per aspirare al gradino più alto del podio. Ma se diciamo gomme, non sono le slick usate nella seconda parte dallo spagnolo la prima cosa che ci viene in mente. Perché è stato come se la Ferrari se la sia cercata col lanternino la grande delusione di ieri, scovandola tra le gocce di una pioggia che andava attenuandosi e le incomprensioni che hanno sbriciolato la grande chance che fino a quelle tornate Charles Leclerc si stava giocando con grande autorevolezza. Una cosa è certa: il fatto che due Red Bull partite in seconda fila a Montecarlo abbiano concluso prima e terza vuol dire che, con una monoposto del tutto performante, gli errori sono stati fatti tutti al muretto, laddove invece i “bibitari” sono stati parecchio svegli e scaltri, come al solito. Quello del confronto tra le strategie dei due team sarà un particolare dirimente, non c’è bisogno di altre conferme.
Abbiamo rivisto, dopo tanto tempo, una monoposto spezzata in due. Per fortuna Mick Schumacher si è rialzato con soltanto un grande spavento e un residuo di choc addosso. Per altre valutazioni avremo tempo: Schumacher ha mostrato nelle ultime gare di aver acquisito un poco di esperienza in più, ma continuiamo a vedere in due o tre piloti, a cominciare da Latifi, errori grossolani che fanno venire più di qualche dubbio circa il loro adattamento alla Formula Uno.
Bravo Perez, in ogni caso, a gestire gomme e traiettorie in relazione al conto alla rovescia, con Sainz sempre più negli scarichi; bravo anche lo spagnolo, evidentemente penalizzato proprio da Latifi che non si è fatto subito da parte. Bravo Verstappen, soprattutto per come è riuscito a sistemarsi davanti a Leclerc; bravissimo quest’ultimo fino a che, stavolta per demerito altrui, non è scattato l’ennesimo incantesimo sull’asfalto di casa sua.
Capitolo Mercedes: non era certo questa la gara per giudicare gli eventuali progressi della W13, una monoposto di concezione quasi provocatoria rispetto alle altre. Possiamo però fare il punto sulla stagione dei piloti, con un dato parziale che appare sorprendente, nella sua evidenza: George Russell non soffre affatto Lewis Hamilton; non possiamo dire il contrario, anche se il campionissimo non lo ammetterebbe mai.
Prof. Paolo Marcacci
Giornalista
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