Arnoux
22/07/2022 17:45:00 Tempo di lettura: 6 minuti

Nel corso dell'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano (qui un altro estratto), Rene Arnoux si è soffermato anche su aneddoti e retroscena del passato, sul suo rapporto con Prost e Gilles Villeneuve, su Piquet ed Alboreto.

Di seguito le dichiarazioni.

Arnoux a tutto campo

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Sul GP di Francia vinto nel 1982 al Paul Ricard a bordo della Renault

"Quel giorno lì eravamo tre francesi sul podio: io, Alain Prost secondo con l’altra Renault, e Didier Pironi sulla Ferrari. Patrick Tambay si piazzò quarto. Ogni Gran Premio ottenevamo nove punti, adesso ogni vittoria ne vale 25: una volta dovevi assolutamente vincere, oggi puoi gestire e accontentarti anche di altri piazzamenti. Quindi, ho apprezzato molto quella vittoria sulla mia Renault che quel giorno era perfetta, sia d’assetto che di motore. Una volta che vinsi, ho scaricato tutto il nervosismo che avevo accumulato a 10 giri dalla fine, quando la paura di sbagliare mi saliva in testa e aveva paura che la mia monoposto mi tradisse prima della bandiera a scacchi".

Sul suo rapporto con Prost

"La nostra era una relazione difficile, e in gara non ho mai giocato a suo favore, bensì pensavo alla vittoria. Prost è stato un ottimo pilota in carriera, ma nel paddock non andava d’accordo con quasi nessuno. E al Paul Ricard, in quel 1982, ha sicuramente rosicato. Dopo quel GP di Francia, vinsi e festeggiai con l’allora direttore generale della Renault F1, Bernard Renault, in una mega-festa che si è tenuta sia sul suo aereo che dopo l’atterraggio. Tutti, vertici e ingegneri del team, erano contenti della mia vittoria. Ma ricordo anche il quarto posto due anni prima: allora mi feci un bel regalo, in quella gara che si correva il giorno successivo (il 5 luglio) al mio 33° compleanno".

Su Piquet

"Non ha mai accettato di avere in pista un pilota-rivale come Senna, nato nella sua stessa Nazione. Dico di più: mi sarebbe piaciuto vederli tutti e due nella stessa squadra, per i giornalisti ci sarebbe stato molto da raccontare. Ricordo che Nelson venne da me prima di un GP per una breve discussione, dove ebbe il coraggio di chiedermi di lasciarlo passare in pista, perché aveva due-tre punti da recuperare in classifica. Come si può domandare questo a un pilota, che tradizionalmente è un animale da pista? Capisco se all’ultima gara me lo proponesse un mio compagno di squadra in lotta per il campionato, nel caso io non lo fossi, ma come fece Piquet non fu affatto corretto".

Sulla sua amicizia con Gilles Villeneuve

"Naturalmente. Ci stringemmo la mano e capimmo che avevamo lo stesso modo di pensare. Mi invitò dopo poco tempo a mangiare un piatto italiano nel motorhome Ferrari, il giorno dopo io lo invitavo nel mio alla Renault. Poi ci conoscemmo molto meglio, e dopo quel duello strepitoso a Digione nel 1979 salimmo sul podio festeggiando insieme. Adoravo il suo modo di guidare, per lui non c’era limite, dava il tutto per tutto. A Imola, una volta mi disse: ‘Se abbiamo i freni e lo sterzo, allora possiamo fare qualsiasi cosa’. Lo soprannominavo ‘l’acrobata’, seppur io lo voglio ricordare per quello che accadde a Watkins Glen, negli Usa. Io gli chiesi come si affrontava una determinata curva, mi rispose che per un attimo lui alzava il pedale, così come facevo anch’io. Poi mi disse: ‘In qualifica, provo a farla in pieno’. A un certo punto, vedo una Ferrari danneggiata e senza le ruote, Gilles accanto con il suo casco. Torno ai box e gli chiedo: ‘Allora?’. E lui: ‘Non si può fare in pieno’. Con Gilles non c’erano mezze misure, o lo amavi o lo odiavi".

Sulla tragica morte di Villeneuve a Zolder

"Pranzammo insieme, scambiammo qualche parola senza parlare del duello di Imola di due settimane prima, dove rimase ferito per il trattamento della Ferrari, in quella vittoria che doveva essere sua ma alla fine andò a Pironi. Capivo la delusione, e conoscendo il suo carattere aveva sicuramente chiuso tutti i contatti con il suo compagno di box. Poi in pista, nelle qualifiche, io ero 30-35 metri più indietro quando ci fu l’incidente mortale: il tocco con la March di Joachim Mass, il volo e la caduta sul casco. Mi fermai con la mia vettura su un lato della pista, e tornai con lui quando lo misero in ambulanza. Avevo un dispiacere enorme oltre alla sensazione di aver perso un grande amico. Ma non ebbi mai un rimorso, il pensiero di dire: ‘La F1 è troppo pericolosa, mi ritiro’. Il giorno dopo, in gara, sentivo solo il grande desiderio di correre per omaggiare Gilles".

Sul suo compagno di squadra in Ferrari Michele Alboreto

"Una persona meravigliosa, ero esterrefatto dalla sua gentilezza che sempre aveva. Normalmente non è mai bello per un pilota quando un suo compagno di squadra gli finisce davanti, ma quando lo faceva Michele io ero contento. Mai trovata una persona così dolce ed educata come lui. Un altro, poi, che mi piaceva moltissimo era Elio De Angelis, e ironia della sorte ho visto anche lui morire dal vivo in quell’incidente al Paul Ricard nel 1986. Ero 20 metri dietro di lui: l’auto ribaltata, che prese fuoco, ed era inavvicinabile".

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Foto (entrambe) Twitter Arnoux


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