Dal legame indissolubile con la Ferrari al successo della Formula 1 moderna guidata da Stefano Domenicali, passando, ovviamente, per il rapporto con Michael Schumacher. È un Jean Todt a cuore aperto quello intervenuto ai microfoni de l'Èquipe per una lunga intervista. Ve ne proponiamo un estratto molto interessante.
"Ho lasciato la Ferrari l'1 aprile 2009 ma non passa giorno senza che la gente mi ricordi che sono legato alla Ferrari per tutta la vita. Gran parte della mia notorietà viene dalla Scuderia", ha rivelato il francese ai microfoni de L'Équipe.
Quando si parla di Todt e Ferrari è automatico pensare anche a Michael Schumacher: "Abbiamo creato una storia incredibile. Aveva chiesto di avere una clausola rescissoria nel suo contratto che gli avrebbe permesso di andare via se me ne fossi andato anch'io. Nel 1996 girava voce che sarei stato cacciato, i giornalisti ne parlarono a Michael che rispose: 'Se Jean se ne va, me ne andrò anch'io'". Poi ha sottolineato: "È molto difficile vincere e ancora di più farlo nel tempo. La gente non se ne rende conto. Pensavano che fossimo noiosi, ma non si rendevano conto di quanto fosse difficile essere noiosi".
Lo abbiamo visto con Binotto, e non solo. Nel mondo Ferrari si vive una pressione fortissima. Ed era così anche ai tempi di Todt: "Quando sono arrivato a Maranello ho subito sentito che c'era aspettativa, c'era pressione a livello di azionisti, a livello di gruppo. La stampa aveva una enorme influenza, specialmente la stampa italiana, e sapevo che dovevo parlare italiano. Così dicevano dell'avvocato Agnelli quando mi parlavano di lui: ogni mattina, alle 6, leggeva tutta la stampa". Complicata pure la situazione riguardante le infrastrutture: "Quando sono arrivato, la Ferrari era un'opera d'arte in rovina. Tutto era in pessime condizioni. La parte del telaio è stata completamente abbandonata. La nostra galleria del vento era piena di polvere e usata come magazzino".
Infine, il passaggio sulla F1 moderna diretta da Stefano Domenicali: "La Formula 1 non è mai andata così bene da quando Stefano ne è a capo. È divertente perché anche lui ha lavorato alla Ferrari. È stato con me per sedici anni, era a tre metri dal mio ufficio e gli urlavo contro tutti i giorni. Sono orgoglioso che sia lui a guidare la F1"
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