In ogni ambito professionale ci sono figure talmente di successo, brillanti e carismatiche da suscitare un certo timore anche solo a starci accanto. Per questo vorrei fare un grande applauso a Ivan Capelli che ha condotto con estrema bravura la bellissima intervista ad Adrian Newey andata in onda ieri su Sky Sport F1, trovando i temi giusti, pizzicando le corde più interessanti e regalandoci una visione del geniale ingegnere inglese ancora più profonda, anche dal punto di vista umano.
Il buon rapporto tra Ivan Capelli ed Adrian Newey è anche frutto dell'avventura che li vide insieme nel 1988 nella scuderia Leyton House March Racing. Con Ivan alla guida, la March 881 progettata da Newey conquistò incredibilmente due podi, piu un'altro con il compagno Maurício Gugelmin. Vederli nuovamente insieme, soprattutto per chi come me ha i primi ricordi della F1 che risalgono proprio a quel periodo, è stato sicuramente emozionante ed evocativo.
Seguo professionalmente la Formula 1 da oltre 25 anni, da quel giorno in cui decidemmo di mettere online formula1.it, ma la passione risale a diversi anni prima ed in molti di questi l’alloro del vincitore è andato a piloti che guidavano macchine progettate da Newey. Come dimenticare le vittorie di Mansell e Patrese con la Williams FW14B, quelle di Prost l’anno dopo sempre con la Williams, quelle di Hakkinen e Coulthard sulla McLaren MP4/13 con Newey appena arrivato a Woking, ed ancora Hakkinen l’anno dopo sulla MP4/15, e il dominio Red Bull con Vettel a partire dalla RB6, prima di quello delle ultime stagioni con Verstappen.
Il genio di Adrian ha attraversato 30 anni di rivoluzioni regolamentari trovando sempre dettagli in grado di rendere vincenti o estremamente competitive le sue monoposto.
Ma dell’ultima intervista al progettista inglese non mi ha impressionato il lunghissimo rendiconto del palmares, mi hanno colpito semmai i sorrisi imbarazzati con cui Adrian reagiva ai complimenti di Capelli. Mi ha stupito la lucida trasparenza delle sue risposte tecniche, la serenità nel mostrare comportamenti e metodi di lavoro che potrebbero definirsi anacronistici per il 2023, non solo quando descrive il suo costante desiderio di prendere manualmente appunti in griglia, ma anche quando sostiene con fermezza che per dirigere un gruppo di 200 ingegneri bisogna prediligere un ambiente di lavoro che favorisca i confronti dal vivo evitando l’abuso di email.
Nella lunga intervista di Sky emerge un lato di Newey che raramente si mette in evidenza. Caratterialmente sono evidenti l’umiltà, la gentilezza e la trasparenza di chi è grato per aver trasformato in un lavoro quello che rappresenta la sua più grande passione, “incredibile che mi pagano per questo” dice ad un certo punto Newey.
E la cosa più impressionante è che queste non sono doti che si addicono propriamente alla Formula 1, dove le abili arti comunicative di un Toto Wolff o di un Christian Horner, trollatori gloriosamente sfacciati, sono normalmente parte del successo di un team.
Eppure Adrian Newey è così, un inglessissimo orso Paddington più ineluttabile di Thanos. Chissà se un giorno un gruppo di Avengers, magari con le tute rosse, riuscirà a batterlo. Per ora possiamo solo inchinarci.
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