Non ci siamo addormentati: è già qualcosa; merito di tante componenti, a cominciare dalla pioggia, passando per un pubblico che ha trasformato la cornice in uno straordinario e gigantesco veglione di Capodanno, per finire con le prestazioni dei piloti che oggi hanno ridato senso al fattore umano in Formula Uno, al netto della sproporzione dei rapporti di forza tra scuderie che ben conosciamo.
Il meteo intermittente e l’affollamento stile Telepass ai box; l’azzardo della scelta dello pneumatico più conveniente; l’interpretazione della traiettoria più vantaggiosa alzando la soglia di rischio.
Dominante, come in ogni fine settimana di gara, Max Verstappen, il che non fa notizia ma stavolta perlomeno il finale lo ha costretto a sudarsi di più la vittoria; monumentale Fernando Alonso, sin dal primo inserimento in curva, con un sorpasso agonisticamente cattivo in un surplus di lucidità che poi stabilisce il quid di differenza tra i campioni e i fuoriclasse. Il prosieguo della gara è stato anche meglio, da parte sua: ha sconfitto anche le criticità che ai box gli avevano procurato, ha rimontato quindi persino su se stesso, in un certo senso. Nelle ultime tornate dopo la sospensione, una volta sfilatasi la safety car, ha risvegliato una pulsione in noi atrofizzata: l’incertezza della sfida al primo posto, per qualche giro con meno di un secondo di distacco tra sbuffi di pioggia.
Un’altra menzione di merito, non piccola per Pierre Gasly, ormai giunto alla piena maturità agonistica e prestazionale: ha spinto la sempre più efficace Alpine al massimo della sua competitività, con un merito che va oltre il podio stesso: è uno dei pochi che quando vede Verstappen nel retrovisore cerca di complicargli la vita, come può, finché può. Un merito raro, in mezzo a tanti suoi colleghi.
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