Leclerc, la Formula Uno si salva così

Tutta l’umanità che ci può essere nello sfiorare con le labbra l’errore irrimediabile o nello scegliere di baciare la soglia di rischio con l’elevata probabilità di beccarsi uno schiaffo. Il finale di gara di Charles Leclerc a Las Vegas può essere riassunto con questa duplice metafora; va da sé, dunque, che ogni appassionato dovrebbe ringraziarlo per questo e ogni ferrarista, pur con tutto il disappunto dato dalla mancata vittoria, essere orgoglioso di quello che lui è riuscito a fare. Anche di ciò che ha potuto raggiungere Carlos Sainz in verità. 

Al culmine di una soglia agonistica può essere inferno o paradiso, con la differenza che in Formula Uno la linea di demarcazione ha una larghezza impercettibile rispetto ad altri sport o anche ad altre competizioni automobilistiche. È il filo di un equilibrista e oggi Charles ci ha camminato sopra: non avremmo avuto, altrimenti, il fiato sospeso quando è andato largo o quando ha infilato Perez in un sussulto chirurgico di accelerazione, dove i centimetri a disposizione erano quelli soltanto e non uno spiraglio di più. 

Se la Formula Uno ha ancora chance di tornare a essere avvincente, oltre che popolare, potrà farlo soltanto ottimizzando l’apparato regolamentare in modo tale da rendere il più livellata possibile la proporzione di forze tra le monoposto e sempre più decisivo il confronto tra le abilità di guida. Se lo capiamo noi, chi sulla Formula Uno investe per generare ricavi enormi dovrebbe averlo già messo in pratica. 

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