Tino Brambilla, una storia di corsa
José Mourinho dice "chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio", allo stesso modo chi conosce soltanto le storie dei campioni più celebri e dei loro allori iridati, in fondo non sa nulla delle corse e se non conosce certe storie, non sa cosa si perde

31/01/2024 12:00:00 Tempo di lettura: 4 minuti

Dovremmo prendere in prestito una frase di José Mourinho quando dice "chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio", per esemplificare un concetto da adattare al motorsport: chi conosce soltanto le storie dei campioni più celebri e dei loro allori iridati, in fondo non sa nulla delle corse e se non conosce certe storie, non sa cosa si perde.

Noi non possiamo né vogliamo perderci il ricordo di uno come Tino Brambilla, Ernesto all’anagrafe, senza passare nemmeno per un attimo attraverso il nome di suo fratello Vittorio, il Gorilla di Monza, più celebre perché conta anche una vittoria in Formula Uno. Un attimo sì, dai, perché l’abbiamo appena fatto, ma solo per rafforzare il concetto che la storia di Tino non ha nulla di meno in termini di fascino e di quello che potremmo definire un “vissuto motoristico” a trecentosessanta gradi; cominciato nelle due ruote, in sella a motociclette sempre dai nomi sempre più prestigiosi e poi proseguito nell’automobilismo.

Tino Brambilla, una storia di corsa

Rumi, MV Augusta, Bianchi, Moto Morini tra la seconda metà degli anni Cinquanta e la prima dei Sessanta; fino al 1963, per la precisione, quando Tino ricomincia dai kart per poi “arrampicarsi”, letteralmente, dalla Formula Junior alla Formula 3 e poi alla Formula 2, categoria quest’ultima nella quale passò dalla Brabham alla Ferrari.

Si fidava, il Vecchio, di Tino, perché aveva sempre ammirato quei piloti che in precedenza erano stati motociclisti, come Nuvolari, come Surtees. Gli affidò una monoposto non casuale, nella categoria, Ferrari: la Dino F2, della quale fu interprete grintoso e lucidissimo, lui che era anche un collaudatore maniacale; la portò al terzo posto nell’Europeo di categoria e si era di conseguenza guadagnato anche la Formula Uno: avrebbe dovuto correre con la Rossa il Gran Premio d’Italia del 1969, se una caduta in moto di qualche giorno prima della gara non gli avesse precluso una possibilità che s’era guadagnato come suggello ideale di quella sua vicenda sportiva germogliata, come per suo fratello Vittorio, da una storia di passione e d’officina, di striature di grasso e orecchio allenato sin dall’infanzia ad auscultare lo scorrere dei pistoni.

Tino Brambilla, una storia di corsa

Se n’è andato a ottantasei anni, nell’agosto del 2020, l’uomo amabile che oggi compirebbe novant’anni, che faceva il paio con il pilota che gareggiò in ogni modo e maniera, driver così autentico da trovare righe meritate tra le pagine di - Piloti che gente”, in cui Enzo Ferrari così lo descrive: - Volenteroso, sempre pronto. Tanto buono che non capivo come fosse riuscito a guadagnarsi la fama di duro del mestiere. E’ stato il primo a portare alla vittoria la Dino F.2 e non lo dimentico -.

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Foto copertina www.corriere.it

Foto interna www.gazzetta.it, www.redbull.com


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