Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota...
Nel giorno in cui cade il trentunesimo anniversario della sua scomparsa, ricordiamo Senna e proviamo a raccontare chi era il campione brasiliano anche attraverso il punto di vista di chi non ha vissuto in prima persona le sue gesta in pista.

01/05/2025 15:30:00 Tempo di lettura: 4 minuti

Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota. Comincia così la celebre canzone di Lucio Dalla, scritta nel 1996 in memoria di Senna. Ma chi era davvero il campione brasiliano? Nonostante risulti da sempre complicato fare paragoni tra piloti di epoche differenti, perchè è considerato dai più come il migliore di sempre? Può davvero essere l'eroe di chi non ha avuto la fortuna di ammirare le sue gesta in pista?

Una serie, questa, di domande alla quale cercheremo di dare una risposta, seguendo la modesta opinione di chi scrive che - purtroppo - ha potuto costruire un ricordo di Senna solamente attraverso documenti e testimonianze raccolte in questi 31 anni.

Quei maledetti giorni in riva al Santerno

Ciò che accadde il primo maggio del '94 è ormai noto, la dinamica e le cause che portarono a quel terribile incidente al Tamburello sono state ripetute più volte. Oggi, a 31 anni di distanza dall'accaduto che scosse il fine settimana dell'allora Gran Premio di San Marino, puntiamo l'attenzione su ciò che accadde la sera del 30 aprile, giorno che portò via con sè Roland Ratzenberger. L'austriaco - durante le qualifiche - si schiantò a oltre 300 km/h nei pressi della curva intitolata a Gilles Villeneuve: un impatto violentissimo che non gli lasciò scampo.

- Julian, procurami una bandiera austriaca.

- A quest'ora? Dove la trovo?

- Non lo so e non mi importa. Voglio rendere omaggio a Roland. Domani vincerò questa corsa se Dio vorrà.

Questo il dialogo tra Senna e il suo manager Jakobi che, ancora oggi, mette i brividi. Ayrton in fin dei conti era questo... Un campione di umanità prima che un fuoriclasse al volante.

Non è più domenica

Una morte silenziosa quella di Ratzenberger, per certi versi "oscurata" da ciò che accadde ventiquattr'ore più tardi, nel momento in cui quella bandiera venne ritrovata intrisa di sangue nell'abitacolo della Williams FW16. Lo sa bene Angelo Orsi - fotografo per Autosprint, nonchè grande amico di Senna - che quella foto di Ayrton trionfante in memoria di Roland non è mai riuscito a scattarla.

Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota...

A differenza di Angelo, in tanti non hanno avuto invece il privilegio di ammirare l'immenso talento paulista. Eppure, nonostante questo, Senna continua a vivere anche nel ricordo di persone come Charles Leclerc, Pierre Gasly e il nostro Kimi Antonelli che correre non l'hanno mai visto, se non in qualche videocassetta impolverata che papà custodisce ancora gelosamente, a testimonianza di un tempo che passa ma che è ancora fermo a quell'1 maggio di trentuno anni fa.

Perchè in fondo Ayrton era questa cosa qua, per la quale le parole giuste forse non si troveranno mai. Il mito, ancora oggi presente negli occhi di chi lo ha vissuto e nel cuore di chi ama farselo raccontare. Anche se, come canta Cesare Cremonini: "Da quando Senna non corre più, non è più domenica e non si dimentica...". E allora, come ogni anno, non dimentichiamo.

Ieri, oggi, domani: #SennaSempre

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