Da settimane si assiste a una narrativa sempre più tossica, alimentata da testate e opinionisti (anche importanti), secondo cui i problemi della Ferrari sarebbero legati all'arrivo di Lewis Hamilton a Maranello, alla sua mancata "centralità" nel progetto o all'errore di aver dato ancora fiducia e "potere" a Leclerc. Una narrazione comoda, facile da alimentare con la delusione dei tifosi, ma totalmente scollegata dalla realtà.
Era prevedibile che, almeno inizialmente, Charles Leclerc potesse prevalere sul sette volte campione del mondo, in una scuderia in cui ha avuto 8 anni per ottimizzare il suo rendimento. Lo sapeva Vasseur, lo sapeva Leclerc e probabilmente lo sapeva anche Hamilton. Quello che nessuno poteva immaginare è che il monegasco avrebbe lottato e prevalso (almeno in questa fase) in un contesto in cui il massimo risultato è un ottimistico terzo posto.
Dire che Hamilton sia in crisi perché battuto quasi costantemente da Leclerc è una semplificazione ingiusta. Lewis è deluso perché il progetto tecnico ha tradito le attese, perché non riesce a guidare come sa, perché vede mancare (al monento) una reazione concreta alle sue indicazioni, che peraltro non sono in contrasto con quelle di Charles, e soprattutto perché ha capito che non avrà il tempo per cambiare le cose, con un ambiente troppo schiacciato da pressioni esterne.
Ridurre tutto a una guerra interna è non solo sbagliato, ma fuorviante. E lo è anche l'altra teoria: quella per cui la Ferrari sbaglia a puntare su Leclerc, perché in cinque stagioni ha vinto "solo" otto gare. Nessuno dei suoi compagni – né Vettel, né Sainz, né tantomeno Hamilton – ha fatto meglio nello stesso contesto.
Il problema della Ferrari è strutturale, non personale. La SF-25, nuova al 99% (così ci è stato detto), non ha un vero padre progettuale. E se ce l’aveva – Enrico Cardile – è stato sostituito nel momento peggiore, con il progetto affidato in corsa a Sierra e Tondi. A Maranello manca da anni la stabilità tecnica, quella che serve per costruire un progetto vincente, con metodo, pazienza e progressione, gli unici parametri che portano alla vittoria in F1.
Non serve citare i cinque anni di sofferenza prima dell’era d'oro con Schumacher, non serve guardare alla stabilità di Red Bull o Mercedes in questi ultimi 15 anni di successi. Basta osservare oggi la McLaren. Due anni fa arrancava in fondo alla classifica, oggi è il punto di riferimento tecnico del campionato. Da Norris doppiato due volte (con Piastri ritirato) in Bahrein 2023 al quasi dominio in questa stagione. Nessuna bacchetta magica: solo coerenza, tempo e fiducia nel progetto. E non ci risulta che Piastri abbia "guidato lo sviluppo" della monoposto per vincere e convincere: semplicemente, ha trovato un ambiente sano, in crescita, con idee chiare e stabilità dirigenziale.
Attribuire a Leclerc la responsabilità della mancata crescita Ferrari è illogico, così come non ha senso invocare la cacciata di Vasseur. È lo stesso errore commesso con Mattia Binotto: mandato via sotto pressione mediatica nel 2022, nonostante i dati mostrassero un miglioramento costante. Oggi è alla guida tecnica del progetto Audi F1, a dimostrazione che il suo valore era chiaro ai veri esperti. Stesso discorso per Andrea Stella, Simone Resta, e tanti altri allontanati troppo presto per quell' "urgenza di risultati" che porta all'esatto opposto, a 18 anni di insuccessi.
Specchio di questo pensiero sono le parole di Leclerc dopo le qualifiche in Spagna, dopo quella scelta coraggiosa di sacrificare qualche posizione in griglia per avere libertà di strategia in gara: "dopo il settimo posto in qualifica ho guardato la reazione dei media e dei fan sul mio smartphone... 2 minuti, poi l'ho spento e buttato via, ma la prestazione di oggi ci ha dato ragione"
Se la Ferrari vuole tornare a vincere, non deve cambiare piloti o pensare all'ennesima rivoluzione ai vertici tecnici. Deve "buttar via lo smartphone" come ha fatto Leclerc, deve ribadire pubblicamente la fiducia nel progetto e avere il coraggio di prendersi il tempo necessario per costruire, blindare i suoi uomini chiave, pensare semmai a degli innesti di qualità. Anche se questo vuol dire prendere un secondo al giro oggi. Qualsiasi altra strada, soprattutto alle porte della rivoluzione tecnica del 2026, non può che riportare la Rossa nel solito loop fallimentare degli ultimi 18 anni.