Negli ultimi anni, forse dovremmo dire negli ultimi due decenni, siamo stati abituati a una Ferrari che, nei momenti di difficoltà, preferiva nascondersi dietro a sorrisi di circostanza, illudendo con proclami trionfalistici e innervosendo l'ambiente ed i tifosi con dichiarazioni spesso scollegate dalla realtà della pista. Negli ultimi tempi qualcosa comincia a cambiare. La recente intervista rilasciata da Frederic Vasseur a The Race ne è la prova: il team principal del Cavallino ha scelto la via della trasparenza, ammettendo errori di valutazione e difficoltà concrete nell’inserimento di Lewis Hamilton a Maranello.
«Lewis e io, collettivamente, probabilmente abbiamo sottovalutato il cambio di ambiente, e il fatto che lui abbia trascorso, vent’anni nello stesso team. McLaren era Mercedes, poi si è spostato in Mercedes: una squadra inglese, stessi motoristi, stessa cultura. Quindi dal 2006 al 2024, diciotto anni nello stesso contesto, e noi stupidamente ci aspettavamo che avesse tutto sotto controllo», ha spiegato Vasseur.
Parole che non solo riconoscono una certa ingenuità da parte della Scuderia, ma restituiscono anche il peso del cambiamento affrontato da Hamilton. Il paragone con Carlos Sainz, comunque in difficoltà dopo il cambio di scuderia, è emblematico: «Non è il tipo che cambia squadra ogni due anni. Se guardi Carlos, per esempio, ha fatto Toro Rosso, Renault, McLaren, noi e Williams in otto anni. Ha cambiato quattro volte. È abituato a gestire questa cosa. Lewis non era il caso».
Vasseur riconosce che «culturalmente parlando, c’è una differenza più grande tra Ferrari e Mercedes che tra Mercedes e McLaren. E questo lo abbiamo sottovalutato».
Secondo il team principal però, i progressi c’erano stati fino alla gara di Spa, e che il crollo prestazionale ed emotivo visto in Ungheria è più frutto di dettagli che di un problema generale: «Ci sono volute quattro o cinque gare perché Lewis fosse un po’ più in controllo. Direi che da Canada, Spagna, Inghilterra, Austria c’era. A Spa ha avuto un weekend difficile, ma in gara è stato molto buono. In Ungheria si è trattato più di dettagli».
Dettagli che però, in Formula 1, cambiano tutto: «Se hai problemi con i freni perché sono un po’ diversi da quelli a cui eri abituato, stai parlando di mezzo decimo. E mezzo decimo è la differenza tra entrare in Q3 o no. Poi se vai in Q3 e sistemiamo parte del problema sulle gomme, puoi partire in prima fila invece che 12°».
Vasseur non nasconde che la strada sia fatta di correzioni minime, da affrontare con calma e non si espone sul futuro: «Non voglio dare dettagli, ma punto per punto stiamo sistemando le questioni». Un lavoro reso più agevole anche dalla presenza di volti noti a Hamilton, come Loic Serra, Jerome D’Ambrosio e il nuovo performance engineer Luca Diella.
Inevitabile il riferimento alla frase di Hamilton in Ungheria, quando si definì “inutile” dopo l’eliminazione in Q2. Su questo Vasseur non si è scomposto: «È fatto così, e lo era anche in Mercedes. Non è un dramma. Capisco l’approccio e il fatto che sia molto esigente con me, con gli ingegneri, con i meccanici, ma soprattutto con se stesso. E questo tutti lo accettano, finché il pilota è altrettanto esigente con sé stesso».
Il cambio di narrazione è evidente. Niente scuse generiche, niente sorrisi di facciata, ma l’onestà di riconoscere che l’arrivo di Hamilton è stato molto più complesso di quanto immaginato. E che il percorso di adattamento richiede tempo, lavoro e autocritica. Una Ferrari così, forse, può davvero riconquistare credibilità. La trasparenza, almeno questa volta, è il primo passo.
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Foto copertina www.ferrari.com