«Luca: seeing red», cosa racconta il docufilm su Luca di Montezemolo
15/09/2025 07:30:00 Tempo di lettura: 5 minuti

L'impresa è dura, ma non impossibile. E qualcuno ci ha provato: raccontare in soli 100 minuti la meravigliosa, poliedrica vita di Luca Cordero di Montezemolo. Questo è quanto si è promesso di fare “Luca: seeing red”, il docufilm in cui l’ex conduttore di Top Gear, Chris Harris, si fa raccontare dal diretto interessato la sua vita di successi, sempre sotto i riflettori. Un'opera assai interessante per tutti gli appassionati di motori e non solo, che è stata proiettata in anteprima a Milano pochi giorni fa, in cui si scopre, oltre al Montezemolo pubblico, anche quello inedito, che si occupa delle sue passioni come il ranch di famiglia nella sua casa sulle colline bolognesi. Un'opera cinematografica in cui l'ex numero uno del Cavallino ripercorre i momenti più importanti della sua vita e della sua carriera, riservando per la Rossa un posto speciale nel suo cuore. “Dopo la mia famiglia, la Ferrari è stata la cosa più importante della mia vita”, ripete il bolognese quando viene stuzzicato sui suoi ricordi nella cornice della sua Villa Fungarino, fulcro del documentario di Christopher Armstrong e Manish Pandey.

Una casa ricca di... storie

Una residenza che, per lungo tempo, è stata parte degli anni d’oro della Ferrari in F1, come sede del primo incontro con il team principal della Ferrari pigliatutto dei primi anni Duemila, Jean Todt, che si presentò in Mercedes rischiando di far saltare le trattative. O sede di un incontro tra Montezemolo e Ayrton Senna pochi giorni prima della morte del brasiliano, che quasi promise di lasciare la Williams. “Era seduto in poltrona - ricorda l'avvocato - aveva un contratto in Williams, ma sentivo che non era felice. Mi disse che il contratto non sarebbe stato un problema, che voleva guidare la Ferrari e avrebbe trovato il modo per liberarsi. Abbiamo cenato, parlato del Brasile, Italia, famiglia… pochi giorni dopo ero davanti alla TV quando a Imola… è stato terribile. Se avessi ingaggiato Senna avrei preso Michael? No”. Ma qualche anno dopo, sempre in Villa, arrivò Michael Schumacher, l’uomo che cambiò la storia della Ferrari. “Lo abbiamo ingaggiato nel momento giusto, nel '96, quando il team era cresciuto colmando il gap di aerodinamica, elettronica, materiali. Eravamo pronti. Michael fu uno straordinario uomo squadra, mai una volta disse qualcosa contro il team, anche quando si ruppe una gamba per colpa nostra”. 

Quanta commozione

Tra gli altri momenti clou della sua vita, Luca ricorda la telefonata di Gianni Agnelli a tre giri dalla fine del GP del Giappone che riportò il Mondiale a Maranello dopo 21 anni: “Mi chiamò a tre giri dalla fine e disse: abbiamo vinto. Io risposi: la prego, aspettiamo. Dopo il traguardo mi ringraziò. Mi sembrò che stesse piangendo”. E le lacrime caratterizzarono anche la telefonata tra Montezemolo ed Enzo Ferrari dopo il Mondiale vinto da Lauda nel 1975 a Monza: “Per la prima volta lo sentii piangere”. 

E, sempre da una telefonata, parte il docufilm: quella del giovane pilota di rally, Nerone, fece a Chiamate Roma 3131 per difendere la Ferrari. Il Drake lo sentì, lo volle conoscere e gli offrì un lavoro che lo catapultò in F1. Quel pilota era Montezemolo, chiamato poi ad ingaggiare Lauda e vincere insieme, prima di passare in Fiat, Cinzano, Azzurra e Italia '90. Un'escalation che portò lo stesso Gianni Agnelli ad affidargli la presidenza di una Ferrari che, a inizio anni '90, non vinceva in pista e non vendeva auto. Da lì fece partire una rivoluzione che ha portato la Ferrari ad essere ciò che è oggi. C'è stata la presidenza Fiat, il rapporto con Sergio Marchionne e il brusco addio al Cavallino: “I proprietari dell’azienda, azionisti, hanno diritto di cambiare un CEO. Il problema è come. C’è chi mi dice: possibile che ai musei Ferrari non ci sia una tua foto? Essere gelosi del passato non è una bella cosa”.

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Foto copertina x.com


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