Formula 1, è cambiato tutto per non cambiare niente: c’è ancora speranza
Seconda parte della nostra analisi sugli effetti del nuovo regolamento tecnico e sportivo, inefficace per ora nel raggiungimento degli obiettivi prefissati, ma con le potenzialità per mostrare una F1 finalmente e realmente spettacolare nei prossimi anni

17/12/2022 20:00:00 Tempo di lettura: 7 minuti

Nel precedente articolo abbiamo analizzato le principali criticità che hanno contribuito al fallimento di quella che doveva essere la rivoluzione in grado di livellare le prestazioni e consentire grandi battaglie in pista.

In realtà la passata stagione ha visto un dominio a tratti imbarazzante di Red Bull e tanti sorpassi "facili", aumentati solo grazie al maggior bonus offerto dal DRS.

Il budget cap non ha quindi ancora sortito gli effetti sperati, d'altronde i precedenti disegni di spending review si sono dimostrati tendenzialmente fallimentari, quando non controproducenti, negli intenti e negli effetti, sul portafoglio delle scuderie. Ad esempio l'abolizione dei test privati o l'imposizione di un determinato numero di propulsori per campionato ha catalizzato l'adozione sempre più esasperata di tecnologie CFD, prassi tutt'altro che economica sebbene basata su calcoli potenzialmente validi.

Tacciare il nuovo format di un totale fallimento sarebbe tuttavia ingeneroso verso un regolamento tecnico-sportivo che ha già portato interessanti novità in pista (l'effetto suolo consente alle vetture di viaggiare molto più vicine rispetto al passato), e che dovrebbe sortire gli attesi effetti benevoli nelle stagioni a venire.

Queste perlomeno sono le intenzioni dei legislatori, e che dovrebbero realizzarsi anche grazie al BoP legato allo sviluppo aerodinamico dei nuovi progetti. Il monte ore da poter spendere in galleria del vento decresce del 5% per ogni posizione scalata in classifica. Il sistema dovrebbe consentire alle squadre minori, nel tempo, un vantaggio competitivo rispetto alle prime della classe.

Entro il 2025, ultimo anno prima della prossima rivoluzione tecnica, le cenerentole dovrebbero (si spera) poter recuperare terreno nei confronti delle due o tre scuderie che si giocano il mondiale da tre lustri a questa parte, anche grazie ad importanti investimenti per rinnovare strutture ed impianti (vedi soprattutto Aston Martin e McLaren)

Cosa dicono i numeri?

Nonostante le aspettative generate dalla rivoluzione tecnico-finanziaria il campionato 2022 non è stato così diverso dal precedente. A centro classifica abbiamo assistito a una lotta tendenzialmente più ravvicinata, ma nessuno degli outsider è stato mai nelle condizioni di poter impensierire i top team.

La Mercedes, come abbiamo visto, è partita malissimo riuscendo a raddrizzare solo sul finale di stagione una condizione per lei anomala. La Ferrari ha ritrovato competitività grazie a un percorso di crescita che risale alle due stagioni precedenti, dopo il discusso accordo con FIA che l'ha portata a gareggiare con un propulsore castrato nelle prestazioni.

A centro gruppo abbiamo assistito al crollo Alpha Tauri, nona in classifica dopo il buon sesto posto nel mondiale 2021, e al percorso inverso intrapreso da una rivitalizzata Alfa Romeo. La bagarre a centro gruppo è stata una faccenda privata tra i soliti nomi, così come la lotta per il podio è rimasta appannaggio dei big per tutta la stagione, se si esclude il guizzo di Norris a Imola dovuto a un errore di Leclerc.

Il 2022 anzi ci ha mostrato numeri ancor più impietosi: Verstappen ha stabilito il nuovo record di vittorie stagionali, e la Red Bull ha portato a casa 17 Gran Premi su 22. Il merito di tale eccellenza va cercato nella migliore interpretazione dei nuovi regolamenti rispetto alla concorrenza. 

Newey ha consegnato a Pérez e Verstappen una macchina dall'eccezionale efficienza aerodinamica, facile da mettere a punto (grazie alla cura dimagrante presentata a Imola), e soprattutto che non deve ricorrere ad assetti estremamente rigidi e bassi per trovare la prestazione.

L'eccellente programma di sviluppo ha infine portato la RB18 a dominare un campionato che, sulla carta, avrebbe dovuto regalarci una lotta serrata non solo per le posizioni di testa, ma anche per quelle di rincalzo.

Nonostante lo strapotere Red Bull tuttavia il 2022 ha mostrato anche dei numeri che dovrebbero far sperare, perlomeno in proiezione futura, nel tanto atteso livellamento prestazionale. Nella stagione passata il gap medio fatto registrare dalla Williams, ultima della classe, si è attestato sul 2,6%. Nel 2021 tale valore, col triste primato di cenerentola conquistato dalla Haas, è stato un più consistente 3,3%. 

La luce in fondo al tunnel

L'obiettivo di livellare i valori in campo va perseguito quindi sulla media e lunga distanza, e sulla scorta di una strategia che fa affidamento a più strumenti. Sul piano squisitamente tecnico l'effetto suolo favorisce battaglie ravvicinate, mentre le limitazioni in galleria del vento dovrebbero favorire i team minori nello sviluppo delle nuove vetture. Sul piano finanziario abbiamo il cost cap a garantire, perlomeno nelle intenzioni, condizioni operative uguali per tutti. 

A favorire ulteriormente uno sviluppo "democratico" delle prestazioni troviamo infine l'attuale Patto della Concordia, che garantisce alle scuderie una più equa redistribuzione del montepremi a loro destinato. Le squadre minori dovrebbero così, da qui al 2025, poter recuperare terreno grazie anche a un flusso di cassa più consistente.

Quello che ci si auspica è che le scuderie possano affrontare i prossimi campionati partendo da condizioni uguali per tutti, o perlomeno simili: la differenza la faranno gli uomini e le strutture a loro disposizione, e non più (o non solo) una spropositata forbice economica con le squadre più blasonate. Anche se - al netto di qualche wild card - assoldare i tecnici più brillanti, ma soprattutto garantire continuità alla lineup interna rimarrà con ogni probabilità prerogativa dei big.

Un obiettivo ambizioso, di cui probabilmente lo sport che amiamo ha bisogno, ma che potrà essere perseguito solo nel medio e lungo periodo. Ecco quindi che il 2022 va interpretato come l'anno zero di questo new deal intrapreso dalla Formula 1, per incentivare i duelli in pista e per dar modo a più scuderie di lottare per le posizioni di vertice.


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