Binotto racconta: «Quella volta che Schumacher ci fece il gesto dell'orologio...»
17/02/2023 18:10:00 Tempo di lettura: 3 minuti

Nel suo intervento al Panathlon Club di Parma, oltre ad aver parlato della SF-23, Mattia Binotto ha affrontato tante tematiche legate al mondo dell'automobilismo. Alcune riguardano molto da vicino la Formula 1. Ad esempio, all'ex ferrarista è stato chiesto di raccontare come è strutturato il lavoro di un team e di esprimere un proprio parere su "quanto incide un pilota nella vittoria di un titolo mondiale". La risposta del buon Binotto? Vi anticipiamo soltanto che non ha potuto fare a meno di tirare in ballo Michael Schumacher, raccontando anche un aneddoto risalente a quando il tedesco vestiva la tuta della Rossa.

Le parole di Mattia Binotto

Binotto racconta: «Quella volta che Schumacher ci fece il gesto dell''orologio...»

"Dall’esterno non si ha una percezione esatta della complessa organizzazione strutturale che c’è alle spalle della monoposto. In Ferrari lavorano 1500 persone, 100 viaggiano, ma le altre 1400 pensano a quella macchina, profondendo continuamente energie per sviluppare e migliorare un prodotto che deve essere sano, robusto e affidabile. Loro rappresentano il 95% dell’organizzazione della struttura. E sono quelli che contano di più", ha detto Binotto come riporta Tg24.it.

Alla domanda "quanto incide un pilota in Formula 1?", invece, ha risposto: "Per vincere occorre sempre avere la macchina migliore. Un pilota fa la differenza per gli ultimi due decimi in pista, per talento, capacità di guida e carisma".

Poi ha continuato citando Schumacher, suo pilota alla Ferrari (Binotto è approdato a Maranello nel lontano '94), e sottolineando quanto il tedesco abbia spinto la squadra verso una dimensione superiore.

"Michael era straordinario: non soltanto per quello che ha vinto, ma per il suo carisma, la sua leadership, per quella mentalità vincente di cui abbiamo cercato di fare sempre tesoro, anche nelle esperienze successive", ha affermato.

Infine l'aneddoto: "Noi eravamo abituati al pilota che, durante i test, si presentava dieci minuti prima del semaforo verde. Michael fece il primo giorno a Fiorano. Poi andammo all’Estoril: la partenza era fissata alle 9. Arrivammo alle 8.30 e Schumacher era già lì: fece un gesto eloquente, toccandosi l’orologio a sottolineare quanto fossimo in ritardo. Per lui alle 8 ci si riuniva e alle 9 dovevamo essere alla massima efficienza".

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