Nell’immaginario collettivo il blasone di un brand alimenta aspettative sempre elevate in qualsiasi campo e la Formula 1 non fà eccezione. Non c’è stagione in cui la Scuderia Ferrari, alla vigilia del mondiale, venga accreditata come team aspirante al successo finale nonostante progetti tecnici che poi si sono rivelati completamente errati.
Anche quest’anno le aspettative dei fan del Cavallino Rampante sono state tradite, aldilà dell’emozionante vittoria di tappa nella notte di Singapore. Sistematicamente da 15 lunghe stagioni, dopo i primi gran premi, l’anno del riscatto è differito a quello successivo. Eppure le risorse economiche per il team di Maranello non sono state mai un problema, a maggior ragione nella nuova era disciplinata dal budget cap. Allora qual è il male oscuro che non consente di realizzare monoposto vincenti da tre lustri? Le ipotesi sono diverse ma alcuni aspetti sono evidenti.
Il bando dei test in pista a partire dal 2009 ha richiesto un modo di concepire e sviluppare le monoposto completamente affidato al contesto virtuale. La Ferrari con ben due circuiti di proprietà (Fiorano e Mugello, nda) ha per anni sfruttato questi asset in maniera proficua attraverso un’apposita area della GES (Test team) incaricata di verificare in pista quanto progettato al calcolatore. La concorrenza, non disponendo delle medesime possibilità della Ferrari, ha scommesso con largo anticipo sulle tecnologie digitali di simulazione garantendosi un vantaggio competitivo quando il divieto dei test in pista è diventato effettivo. Non è un caso che negli ultimi 15 anni la monoposto del Cavallino Rampante con il miglior processo sviluppo sia stata la F2012. Proprio nella stagione 2012 si disputò una sessione di 3 giorni di test al Mugello alla vigilia della stagione europea del campionato, che consentì ai tecnici di Maranello di testare una nuova versione degli scarichi soffianti ideati dal solito Adrian Newey (clicca qui per approfondire).
Fernando Alonso nel corso dei test al Mugello del 2012
Gli investimenti per compensare il ritardo tecnologico sono stati fatti, basti pensare al nuovo simulatore (clicca qui per approfondire). In questi anni nella factory di Maranello sono transitati tecnici di assoluto valore inspiegabilmente defenestrati per poi ricevere la meritata consacrazione una volta arruolati dai competitor. L’organizzazione orizzontale e autarchica varata da Sergio Marchionne stava iniziando a dare ottimi frutti ma la prematura scomparsa del manager italocanadese ha di colpo interrotto la crescita del team.
James Allison DT del team Mercedes, ha militato in Ferrari dal 1999 al 2005 e dal 2013 al 2016
Il talento e l’ingegno dei tecnici di Maranello è fuori discussione tuttavia lo scarso insourcing di figure di spicco della concorrenza ha favorito la trasfusione di risorse interne dalla produzione di vetture stradali verso il reparto corse. La Ferrari è un unicum tra i team di Formula 1 in quanto è l’unica realtà che produce le fantastiche vetture stradali e le monoposto di F1 nel medesimo plant. Per tanti anni il passaggio nel reparto corse è stata la logica conseguenza dell’ottimo lavoro svolto nell’ambito del “core business” aziendale. Tuttavia un progetto tecnico di una Formula 1, in relazione al suo breve ciclo di vita, richiede competenze e processi interni completamente diversi da quelli necessari per la realizzazione di auto di serie anche se esclusive. Le ataviche difficoltà nel troubleshooting dei problemi della monoposto e il prematuro congelamento degli sviluppi, che hanno caratterizzato le passate stagioni della Scuderia italiana, potrebbero essere figlie di una cultura professionale non adeguata ai requisiti richiesti dalla Formula 1 moderna. In tal senso la gestione Vasseur si è fatta apprezzare per la rapidità nell’introduzione di importanti pacchetti di aggiornamenti in Spagna e Canada, molto in anticipo rispetto alla tabella di marcia. La dimostrazione che la competitività non può prescindere dalla compressione dei tempi di esecuzione attraverso l’ottimizzazione dei processi interni. Il dirigente di Draveil ha compreso immediatamente la necessità di recuperare il gap dalla concorrenza attraverso un massiccio insourcing tuttora in atto, ponendo fine all’illusoria autarchia tecnica. La prima vera stagione del mandato di Vasseur è la prossima, e fra qualche mese capiremo se la Scuderia Ferrari riuscirà a mettersi al passo della concorrenza. Nessun obbligo di vincere il mondiale, ma il cambio di passo è un “must”.
Foto copertina www.ferrari.com
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