Il dominio di Max Verstappen negli ultimi Gran Premi sta iniziando a preoccupare i tifosi (e, forse, anche gli addetti ai lavori). Infatti, sapendo già come andrà una gara, l'interesse di molti sta scemando (Non di tutti però. Ci saranno anche quest'anno gli eroi e le eroine con la sveglia alle 5 per la corsa in Australia). In un recente video su Youtube, Carlo Vanzini ha messo a tacere le polemiche, affermando che i cicli di vittorie di una squadra ci sono sempre stati, e che "il DNA della Formula 1 è questo: portare al limite la tecnologia".
Secondo il giornalista, però, ciò che snatura la massima categoria è l'eccessivo uso della scienza nello sviluppo delle vetture. "La crisi di identità è se questo sport è ormai accartocciato nelle mani degli ingegneri, o preserva il suo DNA perchè la tecnologia vince?", ha detto ancora nel video. Inoltre, in un commento alla rivista Autosprint, il presentatore ha lanciato una provocazione: "La domanda è: a quanti interessa se ogni squadra ha dietro 5/600 o qualcuno addirittura più di 800 ingegneri? A quanti interessa la nuova Beam Wing o il fondo svirgolato o dove vanno i flussi della RB20 una volta entrati nell'innovativa pancia? Quanti sanno l'effettivo funzionamento di una power unit al suo decimo anno di vita? Viceversa a quanti interessa vedere sfide combattute tra piloti, come Lewis e Max nel 2021 o Max e Charles a inizio 2022?". Prima di scatenare una crociata, però, è giusto sottolineare che in molti hanno dichiarato di essere appassionati delle sfide tecniche, oltre che di quelle in pista.
Invece, a mio avviso, la vera rottura dal DNA della Formula 1 sarebbe togliere queste innovazioni tecnologiche, dal più piccolo componente dell'ala anteriore alle modifiche della sospensione. Che poi, molto spesso il motivo di questo disinteresse verso le nuove soluzioni viene dal fatto che non si comprendono (io stessa sono colpevole di aver lasciato più articoli a metà perchè non li capivo), ma non è giusto considerare il ruolo del pilota in secondo piano rispetto alla tecnologia. I campionati monomarca vivono bene da altre parti, come la Formula 2 o l'Indycar.
Il discorso che qualcuno vince solo perchè ha la macchina più forte dovrebbe essere sdoganato: per trionfare c'è bisogno di mezzo più veloce rispetto alla media, ma non è tutto; basta guardare i distacchi spesso abissali tra i compagni di squadra. Allo stesso tempo, però, vedere dei talenti bloccati in una vettura poco competitiva fa male (e sì, mi riferisco a Leclerc in Ferrari). Questo dramma c'è dall'alba dei tempi in Formula 1, e viene dimenticato quando ci sono anni "anomali", in cui le prestazioni di due costruttori sono quasi uguali. Non c'è la bacchetta magica per risolvere questo dilemma, ma sono abbastanza sicura che togliere la parte ingegneristica non sia la soluzione. E voi cosa ne pensate?
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