Bruno Giacomelli, la Formula Uno del nostro cuore
10/08/2024 08:00:00 Tempo di lettura: 5 minuti

Cominceremmo dalla faccia, per parlare di uno come lui: quella faccia che sarebbe stata bene (anche) all’interno di una pellicola nonsense di Renato Pozzetto (in realtà capitò a Vittorio Brambilla); quell’espressione bonaria da avventore di un qualsiasi bar di provincia, dietro la quale si celava in realtà una volontà d’acciaio, una tempra che ha sempre protetto la sua passione dallo svantaggio di non essere nato ricco.

Bruno Giacomelli da Poncarale, provincia di Brescia, classe 1952 e al tempo stesso classe da vendere, al volante, anche se in principio fu un manubrio da motocross al quale pagò il tributo di un ginocchio rotto.

La “sua” Formula Uno era quella della quale tanti di noi, ragazzini o adolescenti che fossimo, non potemmo fare a meno di innamorarci, quella del nostro cuore. Spietata come in poche altre epoche, con il tributo di incidenti mortali pagato alla sua pericolosità, eppure così tanto umana, a tratti “imperfetta” anche se può sembrare un ossimoro. E, si badi bene, non ce ne innamorammo in nome di quei quattro o cinque fuoriclasse, i Lauda o i Prost e i Piquet; non solo perlomeno. Lo facemmo perché in profili caratteriali e umani come quello di Bruno Giacomelli individuammo un sottobosco di potenziali campioni che non ebbero mai l’occasione giusta e definitiva ma che, lo stesso, dimostrarono di avere il “manico” e tutto il resto per dare filo da torcere ai migliori. 

Bruno Giacomelli su Alfa Romeo F1 nel 1979

Non ebbero la monoposto che avrebbero meritato eppure, anche con una sola memorabile pole position come quella di Giacomelli negli Stati Uniti, a Watkins Glen nel 1980, sulla sua amata Alfa Romeo, scrissero pagine a loro modo indelebili. E mettiamoci pure quei trentuno giri in testa, agevolmente al comando, prima che l’iniezione lo tradisse, in quel gran premio dove finché l’Alfa glielo concesse dimostrò che andarlo a prendere sarebbe stato difficile, parecchio. Di quella 179, a suo modo anch’essa memorabile, Bruno il bresciano aveva disegnato lui stesso alcune componenti: lui che era progettista meccanico, quindi molto più che un brillante collaudatore. Era uno che viveva il mondo dei motori da dentro e da sotto, se rendiamo l’idea e che in Inghilterra avrebbe fatto davvero il progettista, quindi con un netto anticipo sui tempi la sua vicenda racconta anche di quelle eccellenze e professionalità che nel nostro Paese troppe volte non trovano il loro campo di applicazione.

Bruno Giacomelli, al volante della McLaren F1 nel 1978

Nel frattempo, stava dimostrando a tutti e agli inglesi per primi che razza di pilota riuscisse a essere: lo chiamavano Jack O’ Malley, storpiatura che in realtà rivelava un raro tributo di rispetto, vergata sulla McLaren M26 per la sua primissima Formula Uno, a Monza nel 1977.

Bruno Giacomelli, al volante di una March F2

Prima, li aveva stupiti in Formula 3 e Formula 2 soprattutto, con la March grazie alla quale gli mise gli occhi addosso anche Enzo Ferrari. Perché poi il Vecchio si sia tirato indietro, Bruno a un certo punto smise di chiederselo.

Bruno Giacomelli, al volante dell' Alfa Romeo F1 1982

Le storie di quelli come lui gli almanacchi le raccontano male e in modo così manchevole da sembrare perlomeno bugiardi: le narrano molto meglio gli episodi e la memoria che persiste in noi appassionati; è scritta persino nel modellino di quell’Alfa così bella che lui e Andrea De Cesaris avevano reso così tanto iconica e attendendo la quale Bruno aveva assistito al passaggio mancato, durante un giro di prova, di un caro amico come Patrick Depailler.

Bruno Giacomelli, al volante della Toleman Hart

Potremmo parlare di una Toleman poco performante e di un "mezzo" Campionato di Formula Indy vissuto negli States con un contratto stipulato per i circuiti stradali e di tanti altri abitacoli ancora, quando fu costretto a fare a meno della Formula Uno, che di uno come lui non avrebbe dovuto fare a meno mai, o il più tardi possibile; ma per raccontare davvero di uno così e di quelli della sua epoca, ci piace riavvolgere il nastro della storia e raccontare di un giorno a Vallelunga, in Formula Ford, quando i soldi erano già finiti e il battistrada troppo liscio, più in basso del minimo livello di sicurezza per gareggiare. Lui si mise a scanalarlo a mano con la macchinetta prestata dai gommisti. 

Dedicato a chi pensa che nelle corse, nello sport e in fondo anche nella vita i vincitori siano soltanto quelli che tagliano il traguardo per primi.

Foto copertina www.autonewsinfo.com

Foto interna www.autonewsinfo.com

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