Hamilton sceglie Roscoe, ma sui social esplode l’odio: dov’è finita l’umanità?

Si è sempre detto che la Formula 1, così come lo sport in generale, abbia la capacità di unire le persone. Nella settimana di stop, in attesa che la categoria regina del motorsport torni a far rombare i motori lungo le strade Singapore, però questa unione fa fatica a vedersi. Proprio in questi giorni, mentre alcune squadre sono impegnate unicamente in test privati con la Pirelli o in eventi promozionali legati agli sponsor, Lewis Hamilton sta attraversando uno dei periodi più brutti della sua vita: il suo bulldog di dieci anni Roscoe è stato indotto in coma a causa di una polmonite e, per stargli accanto, il britannico ha deciso di saltare tutti gli eventi programmati con la Ferrari nella speranza che il suo amico si riprenda presto.

Attraverso i social ha anche chiesto il supporto ai suoi fan ma, guardando nella sezione commenti, sono arrivati anche molti insulti da parte di ferraristi, o italiani in generale, che dicevano al sette volte campione del mondo di pensare alla scuderia per il quale lavora invece che al suo cane.

Leggere commenti di questo genere non fa bene, e pensare che questi sono solo una piccola parte dei tantissimi arrivati fa davvero venire la pelle d'oca. Noi in quanto testata gionalistica questa mattina abbiamo riportato "l'aggiornamento" che proprio Hamilton aveva postato sui suoi profili social per rispondere alle migliaia di persone che dopo aver visto la storia Instagram ieri sera avevano cominciato a chiedere lumi sulla situazione del bulldog. Trovare anche sotto i nostri post dedicati a questa brutta vicenda frasi come quelle allegate sopra fa molto riflettere.

Quella di oggi al Mugello era soltanto una sessione di test Pirelli, utile a raccogliere dati sulle gomme che debutteranno il prossimo anno. Nulla che potesse offrire un vantaggio diretto alla Ferrari, tanto che il lavoro è stato portato a termine da Charles Leclerc e dal terzo pilota Guanyu Zhou. Lewis Hamilton, invece, ha scelto di rimanere accanto a Roscoe, il bulldog che da dieci anni lo accompagna in giro per il mondo durante i Gran Premi.

Una decisione che ricorda a tutti noi una verità spesso dimenticata: dietro ai piloti che vediamo sfrecciare a 300 km/h ci sono persone, con sentimenti e fragilità. Viene allora spontaneo chiedersi: la pandemia non avrebbe dovuto renderci più empatici e umani?

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Foto copertina x.com