Una cosa è certa, in questa così incerta situazione Ferrarista: della Ferrari parlano tutti, perché indipendentemente da quali siano i risultati in pista, mettere bocca sulla situazione della Rossa è una specie di irrefrenabile pulsione, in senso freudiano. In effetti, nessuno si è sottratto: da Horner e Wolff fino a tutta una serie di personaggi, alcuni dei quali hanno riguadagnato per 48/72 ore una popolarità svanita da tempo. Da questo discorso tengo fuori gli opinionisti, perché pronunciarsi su ogni questione è il loro lavoro.
Per il resto, dai Team Principal avversari fino a tutta una serie di addetti o ex addetti ai lavori, hanno tutti esposto i loro rispettivi punti di vista. E a me piace sottolineare un distinguo: più che dire che sono stati interpellati, in molti casi il sospetto è che si siano fatti interpellare, facendo in modo di ottenere il proprio metaforico quarto d’ora di celebrità grazie alle diatribe su quanto e come abbia sbagliato Binotto e ai rumors sul suo successore.
Da lettori, il punto di vista più illuminato e analitico nei dettagli, ci è sembrato quello sell’Ingegner Luigi Mazzola, dall’alto della sua storia e della sua autorevolezza, rilasciato a quotidiano.net. Per quanto riguarda una moltitudine di altri casi, abbiamo assistito a una sorta di assalto alla diligenza del parere obbligatorio sulla Ferrari.
Il nostro rilievo ci porta, allora, a trarre due conclusioni: la prima è che in Ferrari la comunicazione potrebbe e dovrebbe funzionare in modo diverso, più capillare ed efficace, più presente nei momenti caotici. La seconda, in un certo senso complementare alla prima, è che ancora oggi, a prescindere dai risultati, la Formula Uno ha un disperato bisogno della Ferrari in assoluto e di una Ferrari vincente in particolare, forse più di quanto la Ferrari stessa abbia bisogno della Formula Uno. Proprio per questo, chi dice di avere a cuore le sorti del Cavallino, non dovrebbe trattarlo come il vasetto del miele col quale soddisfare il bisogno di autopromozione.
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