Una gara di concentrazione assoluta, sfruttando ogni componente di una monoposto migliorata progressivamente, della quale a Maranello in queste settimane hanno tirato fuori perlomeno una parte del potenziale che la SF-23 aveva sin dallo sviluppo originario e che troppo frettolosamente in troppi avevano messo in discussione: c’è tutto questo nel podio di Baku di Charles Leclerc, in un fine settimana nel quale è tornato mattatore sul giro secco per poi dare battaglia per quanto gli è stato possibile, con la gestione delle gomme ottimizzata partendo dal dato del deterioramento ancora eccessivo; con Alonso presente negli specchietti fino alla fine, con le Red Bull imprendibili perché i marziani restano marziani e quando aprono il DRS cambiano addirittura galassia. Quanto vicino ai limiti del regolamento, per esempio per quanto riguarda le sospensioni, vorremmo capirlo fino in fondo.
Tornando a Leclerc, che nelle settimane scorse ha letto e sentito di tutto sulle sue presunte amarezze, sulle sue clausole contrattuali e sul suo futuro, ha risposto nell’unica maniera utile a spegnere le polemiche e a rinsaldare il suo rapporto con la Rossa: disputando una gara da par suo, perfetta per la ottimizzazione delle risorse garantite dalla monoposto, con una guida non solo performante ma anche straordinariamente pulita, con il podio mai in discussione nonostante il fatto che alle spalle ci fosse chi sappiamo. La sua prestazione, lo diciamo non per frustrare Sainz ma per esaltare il monegasco, va letta anche in rapporto a ciò che il compagno non ha tirato fuori dalla macchina.
Ora, c’è da scommetterci, si tornerà a stare stretti sul carro di Leclerc: in molti erano scesi, se non altro per fare un dispetto alla Ferrari. Perché, si sa, molti cosiddetti ferraristi quando le cose vanno male non sanno soffrire in silenzio: devono per forza iniziare a mettere in ridicolo tutto e tutti, soprattutto da quando si va a caccia dei “click”.
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