Monaco 72, la gloria di Jean - Pierre
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Montecarlo è innanzitutto un paradosso: il trionfo mondano della Formula Uno, un tempo forse anche più di ora, e durante ogni tornata la sua negazione tecnica: - Come girare in bicicletta nel salotto di casa - disse Nelson Piquet e la citazione rende parecchio l’idea. 

Anche in questo, soprattutto in questo sta il fascino del Gran Premio di Monaco, che graffia i fianchi delle monoposto con la sue costrizioni, invece di accarezzarli come fanno gli spazi ampi di quasi tutti gli altri circuiti. 

E poi Montecarlo regala storie, dispensa ricordi che restano indelebili, sia se a incarnarli sono stati gli eroi di sempre che chi fu re per un giorno solo, come il protagonista della storia che raccontiamo oggi. 

Chiedi alla pioggia, sempre e in ogni caso, in ogni mese e su ogni asfalto, se vuoi che la Formula Uno trasformi un suo capitolo di storia in una pagina d’epoca. A Montecarlo, chiedilo un poco di più, perché ti farà regali più belli. Come quello, indimenticabile, che fece a Jean - Pierre Beltoise, BRM numero diciassette, che il 14 maggio del 1972 partiva in quarta posizione ma che con uno scatto e uno scarto prodigioso, in un fazzoletto d’asfalto, riuscì a tirare il collo alla frizione, a fare dei larghi pneumatici posteriori dell’epoca punte di spillo: fatto sta che si insinuò tra le Ferrari di Regazzoni e Ickx e la meravigliosa Lotus di Fittipaldi, il quale partiva in pole position. Sotto un cielo che le nuvole copiarono quel giorno in carta carbone, tra raffiche di vento che schiaffeggiavano gli yacht, la BRM vestita di bianco e di rosso come il pacchetto di sigarette più celebre di sempre se ne andò, mentre l’asfalto era scomparso sotto il velo irrequieto dell’acqua, restituito alla vista da le larghe scie che la monoposto lasciava, agitando l’ampia coda e frantumando spilli di goccioline sulle visiere degli altri, a cominciare da Jacky Ickx, che si avventurò alla caccia ma fu al tempo stesso costretto a remare tra i doppiati. 

Monaco 72, la gloria di Jean - Pierre

Dietro qualcosa accadeva, velato negli specchietti che il temporale faceva sudare, ma per l’eroe di un giorno c’era soltanto da guadare tra gli angoli bui di una pista che pista non è, con i guardrail che quasi sembravano affacciarsi a sbirciargli le lancette degli indicatori. Alla fine Fittipaldi aveva approfittato di un errore di Stewart per ancorarsi, è il caso di dirlo, in terza posizione. Ma la storia dei giganti e dei loro duelli mondiali sarebbe ricominciata all’indomani. Per quel giorno, soltanto quello nella sua parte di carriera su ruote scoperte, tra gli ombrelli del podio l’unica cosa che contava davvero era la corona d’alloro di Jean - Pierre Beltoise, che chiese alla pioggia il permesso di capire cosa si prova a essere re in un Principato. 

Foto copertina www.pinterest.it

Foto interna www.autoweek.com

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