In occasione delle Finali Mondiali Ferrari 2023, al Mugello, per i tifosi della rossa non è passata inosservata la presenza nel paddock di un pilota amato e rimasto nel cuore di tutti: René Arnoux. Il francese (classe 1948, con 149 GP disputati in F1 al volante, tra i vari team, di Ferrari e Renault, con 7 vittorie e 22 piazzamenti a podio) è da tutti ricordato per aver dato vita ad uno dei duelli più iconici della storia della F1, quello nel GP di Francia 1979, a Digione, con Gilles Villeneuve. Non solo, ma è rimasto nella memoria collettiva soprattutto per la sua avventura in Ferrari con cui, malgrado un divorzio brusco e mai chiarito, mantiene un forte legame.
Legame che lo porta, al presentarsi della chance, a rimettersi al volante di uno dei bolidi di Maranello, quelli del programma 'XX', tornando a provare le emozioni di un tempo. E, proprio appena sceso da una FXX-K dopo sessione di guida, chi scrive ha avuto modo di incontrare René Arnoux e scambiare con lui delle parole in esclusiva per "Formula1.it".
Ciao René, sei una presenza fissa alle Finali Mondiali Ferrari, sempre parte della famiglia rossa, pur con veste diversa. Cosa significa per te la Ferrari?
"La Ferrari non significa qualcosa solo per me, è emozionante per moltissime persone. Se fai un sondaggio e chiedi quale sia la macchina da corsa più conosciuta tutti dicono Ferrari, non altro. Non è un caso: ha una storia leggendaria, un presente e un futuro. È l'unico nome che ha questo fascino, macchine da corsa e da strada, i collezionisti che fanno a gara per acquistarle. Tutto ciò è significativo".
Ferrari con cui hai corso durante la tua carriera in Formula 1 e, forse, per cui tutti ti ricordano. Come valuti la tua storia in rosso?
"Ho guidato per tre anni in Ferrari, cosa che tutti sognano. Mi hanno cercato, sarei andato anche a nuoto a Maranello. È un'azienda straordinaria, fanno ogni componente da soli, progetto, realizzazione. Sono unici al mondo".
Avventura a Maranello resa possibile grazie al benestare, alla volontà di Enzo Ferrari: cosa ricordi del Drake? In cosa ti impressionava?
"Arrivi a Maranello, dopo aver sempre sognato di correre con loro e ti trovi davanti il 'Commenda': sei come un bambino a Natale. Sono stato egoista, sono andato senza manager o avvocati. Non rimpiango niente, e non volevo condividere quel momento. Un momento stupendo, lo ricorderò per sempre".
Momento in cui, grazie a Ferrari, hai ottenuto la possibilità di vestirti di rosso e in cui tua carriera è cambiata...
"All'inizio abbiamo parlato della mia carriera, della mia vita. A pranzo mi ricorda: 'Rene, siamo qui anche per parlare di futuro'. Da lì abbiamo parlato di tecnica, dell'esperienza in Renault, dello sviluppo della Ferrari per il 1983 e mi ha chiesto cosa desideravo. Ci siamo accordati su tutto, ci siamo stretti la mano e mi ha detto 'Firmiamo'. Abbiamo firmato due mesi e mezzo dopo. Per me la mano di Enzo Ferrari aveva un altissimo valore, ero contento. Mi sarebbe dispiaciuto firmare subito, non aveva senso: per me ha molto più valore una stretta di mano anche perché, pur con un contratto, se vogliono farti fuori il modo lo trovano. La mano del commendatore invece era una valuta sicura".
In Ferrari però ti è mancato il mondiale: è un rimpianto?
"Guarda, nel 1983 ero vicino al titolo, l'ho perso a Detroit mentre ero facilmente in testa alla gara. Ad otto giri dalla fine si è rotto il motore per una saldatura allo stagno fatta male. Non ci puoi fare nulla".
Comunque sia, è stata una bellissima storia, vero?
"Credo che quando sei ad un certo livello è quasi obbligatorio andare alla Ferrari..."
Nella tua carriera hai gareggiato contro piloti fortissimi: Senna, Mansell, Prost, Piquet. Chi credi sia stato il tuo rivale più forte?
"Il più grande rivale che ho avuto nella mia carriera? Me stesso".
Nel 1985 però lasci la Ferrari per motivi mai chiariti, su cui si è scritto molto. Non ti chiedo la verità, ma se almeno si trattò di motivi personali, tecnici o divergenze con una dirigenza che, con il tempo, stava cambiando.
"Sarò onesto: non ho mai parlato della questione per anni e posso dire che non avrete mai una risposta su questo".
Oltre a gareggiare con la Ferrari, hai corso anche contro la Ferrari e tutti, chi lo ha vissuto e non solo, ricorda il duello tra te e Gilles Villeneuve a Digione, nel 1979. Ci fai rivivere quei monenti?
"Un duello simile si poteva fare solo tra me e Gilles. Avevamo fiducia l'uno nell'altro, ci conoscevamo. Ci siamo trovati a duellare, ognuno con i propri problemi tecnici. È stato bellissimo e, malgrado sia successo più di quarant'anni fa, chiunque mi incontra mi dice che è stata la più bella gara di F1. Tutti la ricordano".
Che rapporto avevi con Gilles Villeneuve?
"Ci conoscevamo da tempo, ci invitavamo a pranzo a vicenda: lui mi diceva di andare a mangiare la pasta alla Ferrari ed io lo invitavo a mangiare in Renault il giorno dopo: sempre insieme a pranzo nei weekend di gara. C'era una bella amicizia, ci conoscevamo bene".
Un duello quasi impensabile per la F1 attuale, non credi?
"Ora ci sarebbe subito investigazione. Ca**o, con le regole di oggi io e Gilles saremmo andati subito in galera!".
Domanda di rito: segui ancora la Formula 1?
"Seguo di più la MotoGP che non la F1, mi ritrovo nell'atmosfera delle gare per come le concepisco io. I piloti di moto hanno un gran coraggio: noi abbiamo talento, loro molto di più: se noi abbiamo quattro pa**e, loro ne hanno 8. Ritrovo l'atmosfera che piace a me. In F1 se vai a vedere una gara ti ritrovi a vederla in TV, non ti fanno andare al muretto, preferisco restare a casa e bere una birra".
Parlando di Ferrari: credi che Vasseur possa riuscire a riportare la rossa a vincere?
"Credo di si, credo che alla Ferrari non manchino le persone che "fanno" la vettura: nei compositi, meccanica, montaggio sono bravissimi. Mancano figure all'apice della piramide, quattro o cinque persone forti. Se non hai grandi aerodinamici, motoristi, elettronici sei finito, non vai da nessuna parte..."
Quindi un direttore tecnico e dei capi reparto di primo livello?
"Esatto. Specie nel reparto aerodinamico. Ai miei tempi bastava mettere più cavalli in macchina, ma oggi se guadagni 20 cavalli su 1000 totali fai poca differenza. A fare la differenza è l'aerodinamica. Mi ricordo che, già in Renault, Bernard Dudot mi diceva che per guadagnare 1 secondo al giro servono 80 cavalli, mentre con l’aerodinamica spendi meno e ci arrivi più facilmente. Poi con motori 'standard' come oggi, tutti 1600 cc, sei cilindri, guadagni briciole. Se azzecchi invece l’aerodinamica guadagni molto".
Per chiudere cosa ci dici dei piloti di oggi, dal punto di vista di chi pilota lo è stato?
"In realtà preferisco non parlare dei piloti di oggi e non fare paragoni. Una volta guidai la F2004 di Schumacher e, appena sceso, tutti mi chiedevano la differenza tra le auto attuali e quelle della mia epoca. Come il giorno e la notte, perciò non faccio paragoni. Sono più confortevoli, con elettronica meravigliosa, assistite. Tutto questo ha tolto il piacere di guida: l'elettronica interviene in uscita curva, il momento più bello, hai lo sterzo e il cambio assistito, freni dolci, tutto morbido. Ai miei tempi era tutto duro, noi a metà gara eravano già distrutti. I piloti di oggi invece ballano sul podio...".
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