Dopo aver concluso il 2023 con il dominio più schiacciante nella storia della F1, la Red Bull si appresta ad iniziare il campionato 2024 come la favorita d'obbligo per conquista di entrambi i titoli mondiali. Per farlo, nello spirito di "macchina che vince non si cambia", a Milton Keynes hanno deciso di estremizzare in maniera davvero coraggiosa la RB19. Una monoposto che, di fatto, nasce come "figlia naturale" del modello precedente, andando anche, a dispetto delle aspettative e dei risultati ottenuti, a riprendere alcune idee che hanno caratterizzato la poco fortunata Mercedes W14.
Partendo dall'anteriore, la nuova nata del team di Christian Horner presenta un'ala anteriore con il muso allungato e ancorato al main plain e non al secondo flap come nel 2023. Una soluzione che, dalle informazioni raccolte, servirebbe a gestire in maniera maggiormente favorevole le flessioni dell'ala, a tutto vantaggio di una riduzione di drag. A livello di flap si va alla ricerca dello spostamento dei flussi sopra la gomma anteriore nella zona centrale e dell'effetto out-wash nella zona degli endplate. Questi ultimi poi hanno andamento squadrato con un flap svergolato nella zone esterna. A livello sospensivo resta il pull-rod all'anteriore, con il triangolo superiore fortemente inclinato (quasi a sbalzo sul telaio) per ricercare l'effetto anti-dive. Il triangolo inferiore è invece allineato con il braccio dello sterzo.
Fortemente rivista la zona d'ingresso del Venturi, che ha sezione progressivamente crescente verso il bordo d'uscita, al contrario di quanto visto su altri team. Nella zona dei sidepods è stato realizzato il vero capolavoro dallo staff tecnico diretto da Pierre Wache, con gli inlet dei radiatori che hanno sviluppo verticale (a sezione rettangolare e davvero ridotta) estremamente aderente alla carrozzeria, come visto sulle Mercedes del 2022 e 2023. Al di sopra di essi appare invece, sempre riportando in voga idee del team di Brackley, un generoso profilo alare con cui splittare i flussi tra quelli destinati al sottosquadro (ampliato) che raggiungono poi il pavimento, e quelli che lambisconono pa carrozzeria nella zona superiore per raggiungere il diffusore posteriore tramite lo scivolo nella parte superiore della pancia.

Nuovo l'air box di forma ogivale e tripartita, nella cui zona inferiore si avvia il bazooka in stile Mercedes con cui si ricrea una sorta di "vasca" con cui incanalare i flussi verso la beam wing posteriore e la zona inferiore dell'ala posteriore, di cui viene massimizzata l'efficienza. Beam wing su cui "sparano" i flussi caldi provenienti dalla meccanica in uscita dal bazooka che, pur di dimensioni importanti, decade verso la beam-wing nella sua parte finale. Degno di nota, per i motoristi della Honda, è il lavoro di miniaturizzazione della meccanica, che ha permesso agli aerodinamici di realizzare un cofano motore davvero aderente alla power unit.
A livello sospensivo, al posteriore, è stato mantenuto lo schema push-rod (per guardare spazio nella zona del fondo), con il triangolo superiore orientato verso l'anteriore e il braccio posteriore probabilmente ancorato sulla struttura deformabile. Parte, questa, su cui trova origine l'ala posteriore sorretta da un supporto a singolo pilone. Ala che presenta un andamento fortemente "a cucchiaio", con degli endplate non propriamente rettilinei ma lievemente squadrati nella sezione frontale.
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