Quello che (stranamente) non era successo lo scorso anno è accaduto oggi sul tracciato di Baku: safety-car, bandiere rosse, tamponamenti e persino un finale al fotofinish come non se ne ricordavano da lustri.
Alla fine l’ha spuntata il canguro con le ali, ed è abbastanza incredibile per come si erano messe le cose: fermo praticamente subito e costretto a risalire dalle ultime posizioni, Ricciardo (voto 10) ha avuto il merito di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, ed ha portato alla ribalta la Red Bull che viene premiata per l’ottimo lavoro di aggiornamento svolto sin qui. Certo non sarebbe stato possibile stappare lo champagne in faccia a Bottas se quest’ultimo non avesse dato il via alla girandola di incidenti che hanno disseminato di detriti il circuito cittadino sin dalla prima curva.
Il finlandese (voto 2) ha debuttato con una frenata al limite dell’ortodosso, forse pensando di mandare in frantumi il musetto di Vettel poi, avendo lasciato la strada spalancata a Raikkonen (8), ha giustamente pensato di sbatterlo contro il muro per evitare che potesse creare fastidi all’adorato capobranco. La fortuna, e solo quella, ha voluto che ad avere la peggio fosse proprio la Mercedes; quella stessa sfortuna che gli ha permesso, a furia di safety-car più o meno comprensibili, di recuperare addirittura un giro di ritardo e di fargli tagliare il traguardo con meno di un decimo di vantaggio dall’altro miracolato della domenica, Lance Stroll.
Una vera e propria beffa per il connazionale alla guida della rossa che, se fosse passato indenne al bel sorpasso sul rivale, sarebbe stato senz’altro il prescelto per salire sul gradino più alto del podio. Invece non solo la sua Ferrari si era irrimediabilmente danneggiata in quel contatto, ma è stata ulteriormente martoriata dalle lame rotanti della ruota bucata dal carbonio delle due Force India (9) che si stavano scannando proprio davanti a lui.
Tra Perez (8) e Ocon (7) la tensione è arrivata alle stelle e sembra che all’interno dei box non ci sia la capacità di tenere a bada i bollenti spiriti di due tra i piloti più in forma: la conseguenza è che una potenziale doppietta si è trasformata in una misera sesta piazza, con il messicano costretto al ritiro. Un grande peccato, meritano veramente molto di più.
Terzo come detto ha chiuso la “Lancia” Stroll (7), che vede premiata oltremodo la propria costanza: forse però poteva svegliarsi un po’ prima, perdere il gradino d’onore per pochi centimetri è veramente frustrante. In questo caso il podio è anche frutto del lavoro di Massa (7, peccato per la sua sfortuna) che con i suoi set-up ha messo il canadese nelle condizioni di esprimersi e di superare (almeno per ora) la pioggia di critiche che gli si erano abbattute sopra.
Il casus belli della domenica è però quello tra Hamilton (1) e Vettel (5) e riguarda soprattutto le mancate decisioni della direzione di gara. Tutto nasce dal comportamento irregolare tenuto dal leader della gara in occasione della seconda safety-car: in quel caso Lewis ha deciso di frenare in un punto in cui si accelera, ben consapevole che, in quelle condizioni, tutte le Formula Uno erano molto vicine le une alle altre. Il tamponamento di Sebastian è stato inevitabile e poteva costare molto caro alla Ferrari: il fatto che il sangue gli sia salito al cervello è comprensibilissimo, un po’ meno il modo in cui abbia cercato di farsi giustizia, dando un buffetto all’avversario. Se devi fare le cose fatte bene approfitti della prima staccata utile per un sorpasso omicida che mandi fuori gioco entrambi consapevole (vedi Bottas) che nessuno ti potrà mai punire e che il caso venga derubricato come semplice “incidente di gara” (sic!). Invece il teutonico è finito cornuto e mazziato, visto che ha dovuto scontare una delle penalità più severe mai inflitte negli ultimi anni, uno stop and go di ben 10 secondi: roba da anni Ottanta. Tutto questo senza che la superstar anglosassone venisse minimamente indagata per un atteggiamento da bambino viziato che sarebbe dovuto costargli una sanzione ancora più pesante di quella della Ferrari: non solo infatti ha messo a repentaglio la sicurezza di chi seguiva (potenzialmente si poteva creare un tamponamento a catena), ma soprattutto ha reiterato il comportamento palesemente antisportivo anche nella successiva ripartenza, senza considerare che probabilmente ha violato anche quella regola che imporrebbe al primo della classifica di stare in una trentina di metri dagli scarichi della macchina a ruote coperte.
Ci ha pensato il tempo (10 e lode), che spesso è galantuomo, a riparare i danni fatti dall’indecente direzione di gara (0) costringendo ad un’inaspettata sosta la Mercedes numero 44: a fermarla ci ha pensato un banalissimo aggancio del sistema di protezione della testa. Così il pilota più amato degli ultimi tempi ha perso la gara e anche ulteriori punti ai danni di Vettel che è riuscito, con merito, a scavalcarlo proprio nei concitati passaggi ai box.
Resta comunque la rabbia per l’incapacità di decidere da parte dei commissari, o peggio ancora del senso di impunità che aleggia nei confronti di certi soggetti. L’anno scorso Verstappen ha potuto giocare ad autoscontri senza che nessuno alzasse un dito, quest’anno il suo posto è stato preso da entrambe le frecce d’argento che evidentemente sono solite ricorrere a questi mezzucci quando non sono in grado di vincere regolarmente. Gli alfisti non dimenticano Singen 1994: sulla fiancata della Ferrari c’è il biscione di Arese, peccato che nell’abitacolo non ci sia Alessandro Nannini.