Domenica scorsa in Giappone abbiamo assistito ad un altro Gran Premio bagnato, fermato per quasi un'ora dopo l'incidente alla partenza di Sainz e la necessità di spostare anche la Williams di Albon. Questo ha portato a una gara decisamente ridotta nel numero di giri, anche se per una "stranezza" del regolamento i punti sono stati assegnati integralmente.
In tanti hanno criticato la sospensione così prolungata di una gara in cui abbiamo visto solo per pochi giri l'uso di pneumatici da bagnato. Anche a Singapore la gara è stata ritardata di un'ora, con tutte le vetture alla fine schierate in griglia con gomme intermedie. Ormai da anni è diventata una consuetudine che i piloti si trovino ad affrontare le gare in condizioni tali da poter subito usare le intemedie.
Dopo gli incidenti e la quasi immediata sospensione del GP del Giappone, molti piloti hanno dichiarato che la partenza avrebbe dovuto essere ritardata, ma è giusto così? E perché tutti avevano scelto le gomme intermedie per la partenza?
Non era facile prendere una decisione ma tutti i team, alla ricerca di prestazioni fin dal via, hanno scelto il più veloce pneumatico intermedio rispetto al più scolpito pneumatico full wet. Questo perché se l'intermedio funziona, è incredibilmente più veloce del full wet, cosa che abbiamo visto chiaramente alla ripartenza, dove chi si è fermato subito per montare le intermedie ha immediatamente guadagnato molto tempo e posizioni - Sebastian Vettel e Nicholas Latifi sono gli esempi più evidenti.
Quale è il vero problema di correre su bagnato con me full wet?
Le gare sul bagnato presentano due limiti. In primo luogo, c'è il problema dell'aderenza degli pneumatici e dell'aquaplaning e, in secondo luogo, quello della visibilità. Entrambi sono problemi che si presentano da sempre in questo sport.
Se si guarda alla partenza del primo Gran Premio del Giappone del 1976, quello che decise il titolo della famigerata battaglia tra James Hunt e Niki Lauda, il muro d'acqua alzato dalle monoposto era altissimo anche alla prima curva e nelle prime fasi della gara. La situazione era talmente grave che Lauda rientrò ai box e abbandonò la gara, rinunciando al titolo.
Nel Gran Premio del Brasile del 2016, la visibilità era spaventosamente scarsa e l'aquaplaning un problema serio. Kimi Raikkonen perse il controllo della sua Ferrari sul rettilineo d'arrivo e fu estremamente fortunato a non essere colpito da Esteban Ocon più indietro.
Questa combinazione di aquaplaning e assenza di visibilità rappresenta un vero problema di sicurezza.
Ma domenica l'aderenza della pista non era così scarsa come in passato, come dimostrato dal fatto che tutti erano in grado di guidare su traiettorie interne anche nel primo giro, ad eccezione di Carlos Sainz che è andato in testa coda in curva 12. Per Carlos non si è trattato di un vero e proprio aquaplaning, ma più che altro di una combinazione di accelerazione e di angolo di sterzo, mescolati alle condizioni molto umide.
Ma il problema maggiore di cui i piloti si lamentavano era la visibilità piuttosto che l'aquaplaning.
Dalle telecamere di bordo si può avere un'idea di quanto sia difficile percorrere il circuito in queste condizioni, e la visibilità del pilota è ancora peggiore. Per chi sta davanti non è così grave ed è quindi un vero vantaggio fare una buona qualifica. Più indietro lo spruzzo d'acqua diventa così forte che a volte è come guidare bendati. È molto difficile per i piloti in quel momento; bisogna affidarsi a ipotesi e all'istinto, i sensi sono sovraccarichi per cercare di orientarsi.
La gomma da bagnato può disperdere una quantità d'acqua più che doppia rispetto a quella intermedia a 300 km/h, parliamo di 85 litri al secondo. Il problema è che quest'acqua viene poi lanciata in aria e diventa un muro per tutti gli altri.
Anche gli pneumatici più grandi e più larghi non aiutano in questo senso, poiché hanno una superficie maggiore che spruzza acqua. Quindi, se è inevitabile che ci siano critiche e disapprovazioni vedendo l'uso quasi esclusivo delle intermedie dopo lunghe attese, è soprattutto perché le condizioni della F1 moderna non sono praticamente mai adatte allo pneumatico full wet.
Quando, infatti, si usano le full wet il livello di acqua spruzzata diventa eccessivo e le condizioni sono considerate troppo pericolose per guidare, anche se le gomme potrebbero tecnicamente gestire le condizioni della pista.
È un dilemma continuo per Pirelli e per la Formula 1: come affrontare le condizioni di bagnato senza provocare grossi ritardi. È sempre stato un problema, ma probabilmente le auto e i pneumatici più grandi della storia della Formula 1 hanno anche esacerbato il problema.
Forse si potrebbe imporre ai team l'uso di pneumatici da bagnato per determinati periodi della gara, in modo simile a come il DRS viene attivato solo quando il controllo di gara ritiene che sia sicuro farlo. Forse questo toglierà un po' dalle mani dei team la decisione che privilegia sempre le prestazioni e consentirà in futuro una partenza più sicura in condizioni di bagnato.
Pirelli forse potrebbe rendere l'intermedio attuale un po' più scanalato e farlo diventare un full wet, e poi fare un nuovo pneumatico che si colloca tra l'attuale intermedio e le slick. Dopotutto, siamo abituati a vedere un rapido passaggio dalle wet alle intermedie, ma tutti sono molto più restii a scegliere le slick, difficili anche da mandare in temperatura in condizioni di pista bagnata.
Articolo originale su formula1.com
Leggi anche: I piloti chiedono delle Full Wet migliori, Verstappen: «Questo non è correre sul bagnato»
Leggi anche: Pirelli, Mario Isola: «Con abolizione termocoperte dovremo produrre gomme totalmente nuove»