Sotto il sole del Messico un re diviene imperatore: Max Verstappen si prende un altro spicchio di storia con il numero di vittorie più alto in assoluto in una stagione, anche se ai tempi di Schumacher c’erano meno gare. Dettagli, come quelli che a volte, incredibilmente, sfuggono di mano anche a chi fino a poco tempo fa lì indirizzava sempre a proprio favore, leggi Mercedes: gomma dura con gara pregiudicata e distacco siderale accumulato da Verstappen a proprio favore. Anche per questo, saremmo delusi nei panni di Checo Perez, perché è arrivato praticamente negli scarichi di Hamilton per poi lasciarlo, relativamente, fuggire via.
Il week end Ferrarista era iniziato con la fatica di stare appresso ai primi, è terminato con una prestazione complessiva, di squadra, piuttosto anonima e mai battagliera.
Dispiace vedere Fernando Alonso sempre più spesso penalizzato dalla fragilità della Alpine: è diventata una statistica.
Ci sarebbe piaciuto che le inquadrature fossero quasi fisse sulla bagarre delle retrovie: Ricciardo, Ocon, Bottas, Gasly, Stroll…duelli e sverniciature a colpi di staccate e traiettorie che potremmo definire estreme.
Il finale lo dedichiamo alla signorilità di Lewis Hamilton, che nell’immediato dopo gara, mentre si beccava fischi e ululati dei messicani, ha rivendicato, oltre al dispiacere per questa forma di becerume, anche l’amore per il Messico e per la sua gente, nonostante tutto. Giù il cappello.
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