La storia si ripete sempre due volte
10/10/2022 07:20:00 Tempo di lettura: 6 minuti

Scriveva qualche anno fa uno che di rosso se ne intendeva. E di bandiere rosse, a Suzuka, ne sono sventolate tante. Non abbastanza per segnalare a Gasly che i commissari avevano deciso di installare il cantiere della Salerno-Reggio Calabria poco dopo il sottopasso del celebre 8, laddove si era smaltato Mr “ghe penzi mi” Sainz.

E così la tragedia del 2014 si è sfiorata otto anni più tardi, sempre con le medesime dinamiche e sempre sullo stesso tracciato. Facciamo anche noi parte degli indignados? Da una parte vorremmo esserlo: che fretta c’era nel mandare in pista i caterpillar con la consapevolezza che di lì a poco tutte le Formula 1 si sarebbero fermate? Persino lo stesso Verstappen ha rischiato un incontro ravvicinato del terzo tipo, pur nella “sicurezza” della safety car. Dall’altra, però, sembra siano state fornite per tempo all’Alpha Tauri, e di conseguenza al pilota, le segnalazioni che fosse perfettamente inutile transitare a oltre 250 km/h per ricompattarsi col gruppo.

Gru in pista in Giappone, Pierre Gasly

Partiamo da queste immagini incresciose per ricollegarci all’aforisma del compagno Karl perché incapaci di trovare altre definizioni all’epilogo del campionato del mondo 2022.

Ha vinto Verstappen (10 e lode) senza nemmeno saperlo. Forse (sicuramente) la Honda voleva fargli (e farsi) un regalo per il Gran Premio di casa, forse (probabilmente) la Federazione voleva indorare la pillola che domani, a Dio piacendo, dovrebbe finalmente mettere sul… piatto della Red Bull con la sentenza sullo sforamento del budget cap.

Sia ben chiaro: Max ha dominato in lungo e in largo questa stagione e si sarebbe laureato campione probabilmente anche senza scendere più in pista. Troppi gli errori commessi dalla Ferrari e dai suoi piloti, troppi gli aggiornamenti introdotti da Milton Keynes per il suo uomo immagine: dopo un inizio stentato la Red Bull numero 1 ha letteralmente messo le ali. Nella gara di oggi poi, Max ha suggellato la laurea con un’epica difesa su Charles Leclerc alla prima partenza.

Proprio per tutto questo non c’era bisogno dell’ennesima picconata alla credibilità di una categoria dove i giochi si decidono, (a questo punto) più che nei garage, nelle stanze degli sponsor. Non più tardi di una settimana fa gli steward avevano impiegato quattro ore per decidere la “draconiana” penalità di Perez. Prima hanno aspettato di vedere come sarebbe finita la gara, poi hanno ascoltato la granitica difesa del pilota che non riusciva a stare dietro a una coupé, ed infine hanno determinato che per tre sanzioni sarebbe stata sufficiente l’immancabile reprimenda, oltre ad una misera aggiunta di cinque secondi che ovviamente non ha cambiato l’epilogo della corsa.

Lo stesso hanno fatto ieri, dopo l’impedimento di Super Max ai danni di Norris. Poverino, la sera prima aveva mangiato pesante e non si poteva certo ricordare che all’ultimo minuto delle qualifiche le macchine vengono su a cannone. Anche per lui, dopo aver riportato a più miti consigli il Lando furioso, una temibile riprensione frutto di ore di camera di consiglio. Per Leclerc invece non c’è stato bisogno di riunirsi in conclave: evidentemente avranno pensato che di rosso ce n’era già stato a sufficienza e hanno penalizzato la Ferrari in tempo reale per un lungo fatto con le gomme slick sotto il diluvio universale. Qui non c’è stato certo bisogno di ascoltare le spiegazioni del monegasco che, anzi, si è persino genuflesso sui ceci per un siffatto azzardo.

Safety car, GP Giappone 2023

Ma la dottrina giolittiana doveva ancora manifestarsi in tutta la sua disarmante potenza perché anche con la classificamanipolata il povero Max non avrebbe potuto fregiarsi del secondo iride nella terra del Sol Levante. Ecco, quindi, l’ennesima interpretazione del regolamento, cambiato dodici mesi fa per evitare che metà punteggio venisse assegnato dopo due giri dietro l’imprendibile Mercedes di Maylander. Sulla carta era tutto molto bello ed equo, ma ai piani alti avevano già preparato tutti gli ingredienti per il biscottone della fortuna (sarebbe cinese, ma ci perdonerete la licenza poetica) con all’interno il nome del vincitore del campionato del mondo.

In attesa di ulteriori colpi di scena (perché non accontentare anche la Mercedes ed Hamilton con un ottavo titolo piloti “postumo”?) non ci resta che chiudere con l’amaro in bocca questo editoriale, scritto con l’amara consapevolezza di aver scoperto che il giocattolo, che già sapevamo essere malmesso, si è definitivamente rotto.

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