Se Pérez potesse tornare indietro di un anno. O anche due
Sergio Pérez e Max Verstappen ormai ai ferri corsi, anzi, cortissimi. La bomba di Interlagos era destinata a scoppiare da tempo, probabilmente da Montecarlo. Max ce l'ha anche col team, colpevole di non aver punito Checo dopo Monaco?

Tempo di lettura: 12 minuti

Helen fa tardi al lavoro: licenziata in tronco. Percorre a ritroso il tragitto che la porta, costernata, a casa. Alla fermata della metro incontra sé stessa, che perde la coincidenza e finisce per essere aggredita. Contemporaneamente però l'altra Helen riesce a prendere il treno, salvandosi. Sostituiamo Helen con Sergio, che di ritorno dall'ultimo lavoro svolto per Vijay si trova alla fermata che lo porterà da Christian. In seguito anche lui verrà aggredito, da Max, l'altro protagonista di questa versione in salsa austro-messicana di Sliding Doors.

Segue la nostra riflessione sugli ultimi giorni (in senso squisitamente cronologico, non ce ne voglia Checo) di Sergio Pérez Mendoza, uno degli ultimi eroi romantici della Formula 1 contemporanea. 

Chi è Sergio Pérez Mendoza

Se Pérez potesse tornare indietro di un anno. O anche due. Bomba in casa Red Bull

La vita è una questione di scelte. Quelle che hanno portato Sergio Pérez in Formula 1 si sono rivelate tutte giuste. Perlomeno fino al 18 dicembre 2020, quando la Red Bull di Christian Horner annuncia di aver ingaggiato il talentuoso pilota messicano. Il punto, RVM alla mano, in cui Checo incontra sé stesso alla fermata della metro. Il punto in cui il nostro ha finalmente la certezza di un'auto competitiva, dopo anni di purgatorio nella massima serie automobilistica. 

Il prezzo da pagare è la convivenza con un compagno scomodo, oltre che un ambiente di lavoro tutt'altro che rilassato. Certamente distante anni luce dall'idea di un qualcosa che possa rientrare anche vagamente nel campo semantico della democrazia.

La corte di Christian è un palazzo di cristallo agli occhi di stampa e tifosi, ma evidentemente una gabbia di leoni per chi lo vive dall'interno. Sopravvive solo chi non ha mai avuto un'infanzia come Max, cresciuto a kart e abbandoni sull'autostrada, o che può sfoggiare il cinismo di Helmut Marko.

Un latino come Checo è destinato a soffrire. Persino lo scanzonato Daniel Ricciardo ne è uscito con le ossa rotte, e col morale a pezzi, tanto da (probabilmente) perdere fiducia in sé stesso e terminare la carriera in F1 in un triste declino. Di prestazioni, di umore, di tenuta mentale. I tempi del sorriso a 32 denti dell'italo-australiano sono un lontano ricordo, così come i suoi proverbiali shoey.

E così Sergio Pérez Mendoza, che esordì in F1 al Gp d'Australia 2011 (strana come cabala, vero Daniel?), approda sul finire del 2020 in Red Bull. In mezzo un passato in orbita Ferrari, due stagioni alla Sauber, l'ultimo anno delle Formula 1 con un motore vero (aspirato, nda) trascorso in McLaren, e una lunga militanza in Force India.

E qui si apre un altro capitolo, di fondamentale importanza per inquadrare il personaggio. Sergio approda alla corte di Vijay Mallya nel 2014, primo anno della nuova era turbo ibrida. Dio - o chi per lui - ce ne scampi: ho ancora nelle orecchie i V12 di Ferrari e Minardi al GP di Imola 1991, ma quella è un'altra storia. Quella di Checo prosegue senza scossoni fino al 2018 con una militanza più che dignitosa nel team indiano, al secolo Spyker F1 Team.

Nel corso dell'estate 2018 la Force India naviga in pessime acque finanziarie. I dipendenti (piloti compresi) non percepiscono lo stipendio da tempo, e i fasti di gennaio sembrano lontani un secolo. Se la proprietà del team dovesse rimanere nelle mani di Vijay Mallya il fallimento sarebbe solo una questione di tempo. Ci vogliono un colpo di reni e due attributi così per raddrizzare le sorti della squadra.

Si fa avanti proprio Checo, dando il via alla delicata azione legale che di lì a breve avrebbe salvato lavoro e futuro a centinaia di persone in forza al team indiano. 

"Non avrei mai voluto fare una cosa del genere, ma mi è stato chiesto da alcuni membri del team. Ci sono in ballo 400 persone e le loro famiglie. È stato difficile, ma se non l'avessimo fatto la squadra sarebbe andata in liquidazione"

Pérez ha dato il via a un procedimento legale con cui sarebbero stati esonerati i vertici (Vijay Mallya e Orange India Holding) dal controllo del team. Questi non avrebbero potuto più vendere, e allo stesso tempo così facendo si è evitato il fallimento.

Da lì in poi la storia è sotto gli occhi di tutti: nel 2019 il team diventa Racing Point (Daddy's Point per chi scrive, data la strana coppia Stroll-Stroll rispettivamente al comando del team e al volante della monoposto), per assumere la denominazione Aston Martin (Astroll Martin, nda) nel 2021. 

Checo e Max

Checo chiude con il team di Stroll a fine 2020, per approdare in Red Bull al fianco di Max Verstappen. La vicenda Force India ha mostrato al mondo intero le sue doti umane: a prendere certe decisioni ci vogliono gli attributi, sangue freddo e un gran cuore. E poi ci vuole onestà, oltre che un enorme spirito di squadra.

Tutte doti che tornano utili alla causa: quella di aiutare il fenomeno olandese nella sua rincorsa al titolo mondiale. Obiettivo centrato all'inizio, complice una serie fortunata di coincidenze. La prima: Newey. Tradotto, una Red Bull in grande crescita, capace di recuperare terreno sullo squadrone Mercedes. La seconda: una serie di giggionate FIA passate in canzone e che hanno condizionato le sorti della stagione passata. MaSi, tutto regolare fino a questo momento, come direbbe Gianfranco Mazzoni, il Sommo.

Infine, i piloti: Max Verstappen è un talento cristallino, mentalmente è maturo e ormai pronto a reggere la guerra psicologica con un certo Lewis Hamilton. E poi c'è Sergio Pérez, sulla carta compagno perfetto perché pronto al gesto estremo, come dimostrano le vicende legali Force India. E senza dimenticare il suo gran piede.

Un piede pesantissimo, e veniamo a Interlagos 2021 per una dimostrazione di come in Red Bull ci abbiano visto giusto con il mercato piloti: l'impresa di Checo (ai danni di Lewis) ha un ché di romantico, e senza scomodare il cuore di Gilles ricorda lo spirito dei piloti da caccia giapponesi ai tempi della WWII.

Checo è stato determinante per la conquista del primo titolo di Max, e veniamo a Interlagos 2022 per sottolineare come il suo batter cassa sia stato tutt'altro che fuori luogo: Sergio ha aiutato Max anche quest'anno, complici anche i reiterati harakiri Ferrari e una DT39 che ha contribuito significativamente a spegnere le residue velleità di titolo, in quel di Maranello.

Dissapori targati Montecarlo, ma non solo verso Checo

Parere personale, Sergio Pérez Mendoza ha ragione da vendere quando presenta il conto alla squadra: "Se ha vinto due mondiali è grazie a me". 

Forse a F1 e Liberty Media tutto 'sto macello non dispiacerà, perché alimenta il format F.Netflix confezionato ad arte per avvicinare i giovani yankees al nostro sport. Ma anche questa, purtroppo, è un'altra storia.

Nel dopo gara di Interlagos i due alfieri Red Bull non se le sono mandate a dire. Sergio asserisce "ora sapete chi è veramente Max", e il compagno rilancia con "Capisco la sua delusione, ma ho i miei motivi".

I riferimenti sono chiaramente a quanto avvenuto negli ultimi giri del GP carioca: Max si è rifiutato di cedere la posizione, negando di fatto il suo aiuto a Checo per la corsa al secondo posto in classifica piloti. E dire che Sergio l'aveva dichiarato pubblicamente: "Ho bisogno del supporto di tutti, in squadra, se vorrò avere la meglio su Charles".

Quando ne abbiamo parlato, in un articolo dedicato, avevamo espresso qualche dubbio: i dispetti tra i due sotto forma di No, la scia non te la do vanno avanti da un pezzo. Difficile quindi ai tempi poter immaginare una collaborazione dell'olandese. Vederlo però così determinato, nell'opporsi duramente via team radio al volere del team, e per giunta in mondovisione, ha fatto sì che il suo niet assumesse tutt'altro sapore.

Il sapore amaro della vendetta, preludio, ci scommettiamo un centesimo, di una luna di fiele già in atto. Toccherà a Don Christian Horner riappacificare la coppia o, più probabilmente, fare di Checo l'ennesima vittima sacrificale della parrocchia Red Bull. Una parrocchia monoteista che adora il Dio Max: non c'è spazio per due, tantomeno per un secondo che alza la testa e pretende quanto dovuto. Ossia il riconoscimento per un lavoro, finora, eccellente.

Dopo Interlagos infine s'è detto di tutto, con un fatto degno di nota: l'incidente di Sergio a Montecarlo in qualifica, che ha estromesso Max dalla lotta per la pole. Telemetria alla mano, il messicano l'ha fatta grossa. Così grossa da suscitare l'ira di Verstappen, evidentemente mai sazio di vendetta. Neanche dopo la conquista del secondo titolo.

A Max certi trattamenti non vanno giù. Avrebbe gradito la crocifissione di Checo in sala mensa all'indomani della gara monegasca. Così non è stato, e chissà, magari da quel momento Verstappen ce l'ha un po' con tutto il team, oltre che col compagno di box.

Max è furioso con la squadra che non ha punito il messicano dopo i fatti di Monaco, e Interlagos è stato il palcoscenico ideale per mostrare al mondo l'aria che tira in casa Horner. Vedremo nell'immediato futuro se qualche testa rotolante ci darà ragione: con Don Christian non si scherza. 

E ci chiediamo: se Checo potesse tornare indietro, salirebbe di nuovo sullo stesso vagone? Ci auguriamo per lui un epilogo migliore.

Leggi anche: Leclerc e Perez: Abu Dhabi affare mondiale, entrambi puntano al secondo posto

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