Ispirato dall'unico ed inimitabile Gilles Villeneuve e dal fondatore Enzo Ferrari, sin da piccolo Francesco Cigarini aveva un sogno: lavorare per il Cavallino.
All'età di 25 anni, dopo tanti estenuanti sacrifici, il suo sogno è diventato realtà. Per oltre due decenni, Cigarini ha vestito la tuta più ambita nel motorsport, quella rossa.
Lavorando per la Scuderia, ha avuto la possibilità di conoscere tanti piloti: da Schumacher a Leclerc, passando per Barrichello, Raikkonen, Massa, Alonso, Vettel e Sainz. Ancora oggi ha delle belle parole da spendere per ciascuno di loro.
Nel 2018, un grave infortunio si è rivelato essere il più grande ostacolo della sua vita. Eppure, Francesco non ha mai mollato, ed è tornato in pista più forte di prima, dimostrando al mondo intero cosa significhi l'espressione "Essere Ferrari".
FP: "Ciao Francesco, grazie di essere qui con noi. Direi di iniziare con la tua carriera, con quello che hai fatto per arrivare in Ferrari e la spiegazione del ruolo di meccatronico."
FC: "Volentieri. Allora, ho iniziato studiando con l'obiettivo di arrivare a capire la tecnologia che c'è in una macchina, perché l'amore per la macchina avevo capito fin da subito: era quello che mi guidava, insieme alla passione per la Formula 1. Dopo aver studiato, ho cominciato ad andare nelle concessionarie ed officine della zona a lavorare, ad imparare il lavoro; insistendo sul seguire dei corsi, perché al tempo - stiamo parlando degli anni '90 - non c'era YouTube... Le informazioni non erano agevoli [da reperire, ndr] come adesso, e quindi per incrementare la tua conoscenza dovevi avere conoscenza mirata. Siccome frequentavo molto le concessionarie Volkswagen e Audi, loro sono molto preparati in questo, sono riuscito a fare questi corsi. Ho fatto anche un corso con un docente BMW e da lì ho capito che, più che la meccanica in sé, mi piaceva capire cosa facessero i sensori, gli attuatori, la centralina... Da lì ho sviluppato più una voglia di conoscere la meccatronica; che al tempo non era chiamata meccatronica, ma poi ha preso questo nome.
"Finché, a un certo punto della mia carriera, ho visto [il programma TV, ndr] 'Porta a Porta', in cui presentavano la macchina: la famosa puntata di cui si vedono ancora i video in cui Montezemolo parla per radio a Michael [Schumacher, ndr] e Michael entra in trasmissione. Quella lì è stata la svolta, perché io ho sentito l'intervista; hanno intervistato i miei futuri colleghi e gli hanno chiesto come si dovesse fare per entrare in Ferrari. Hanno detto 'basta mandare il curriculum', e lì mi si è aperto un mondo, perché ho detto 'ok, può essere un'opportunità'. Mi sono detto 'quando avrò 40 anni non avrò il rimpianto di non aver mai scritto alla Ferrari'. Quindi ho mandato il curriculum ed in 8/9 giorni mi hanno risposto. Abbiamo fatto dei colloqui, più che altro ho fatto visite mediche, colloqui psicoattitudinali e poi ho fatto un colloquio per l'idraulica del cambio, in cui loro mi hanno detto che potevo decidere io [se entrare a far parte della squadra, ndr], ed io ho detto di no, perché mi era stato detto che con l'idraulica del cambio non sarei mai andato in pista. Ho detto 'non posso entrare in Ferrari e togliermi l'ambizione di lavorare in pista'.
"Dopo qualche mese mi hanno chiamato per fare il colloquio con elettronica, cablaggi... Mi hanno confermato, ed il giorno del mio 25° compleanno - che è stato il 29 luglio del '99 - ho firmato il contratto per entrare in Ferrari. Un bel regalo di compleanno ecco. Poi da lì inizi cercando di capire entrando a conoscere i cablaggi, come si usano a livello di motorsport, quali sono le procedure molto precise da seguire, la tipologia dei materiali, la conoscenza dell'impianto elettrico, chi fa cosa, quale attuatore fa questo o quello... Poi hai una figura generale di quello che è la vettura, e da lì ci sono altre cose che fanno parte della macchina, ma non proprio dell'impianto elettrico, da scovare, così come il lavorare con i colleghi e tutte quelle dinamiche. Io mi ricordo che rimanevo molto lì [in fabbrica, ndr], perché non avendo la famiglia lì preferivo passare il tempo e capire che cosa fosse qualunque cosa, quindi c'era da rimanere in sede e al tempo si rimaneva ad oltranza. Potevo sfruttare queste ore per poter imparare qualcosa di più, con più calma... La sera c'erano anche meno persone in alcuni casi, quindi potevi vedere le cose con più calma."
FP: "Hai parlato dell'importanza del capire nel minimo dettaglio ogni sensore. Non ti chiederò di spiegarli, però ti chiedo: quanto si sente la pressione lavorando in Ferrari? Sai, sapendo che ogni minima cosa che fai può avere un impatto sulla macchina, specialmente quando le cose in pista non rispecchiano le aspettative... Sappiamo che la Ferrari è sempre vista come la migliore scuderia e quando non vince c'è sempre una montagna di critiche. Come la gestivi psicologicamente?"
FC: "Psicologicamente sapevo di questa cosa, ma ero supportato da una grande passione e dalla voglia di far bene. Io dicevo a me stesso 'fai il massimo di quello che puoi nel momento in cui sei, perché la vita è una questione di alti e bassi, per non recriminarti il fatto che non hai dato quello che potevi dare'. La pressione c'era, certo, ma ce la mettevamo addosso noi ragazzi di quel tempo, noi stessi. Ognuno sapeva che doveva dare il meglio per poter far funzionare tutto il meccanismo.
"[La pressione, ndr] L'ho subita maggiormente quando ho dovuto lavorare per la prima volta con Michael [Schumacher, ndr]. Sapevo che aveva la vista a 360 gradi e guardava qualsiasi cosa. Io da nuovo, entro in pista, volevo essere degno di 'Essere Ferrari' [diventato slogan del team negli ultimi anni, ndr] e di lavorare con un campione del mondo. Un suo giudizio negativo avrebbe fatto crollare tutto il castello. Da lì sentivo più la pressione. Poi conoscendolo, sempre mantenedo alta la concentrazione, la pressione la gestisci quando capisci che lui sa che fai parte della squadra, che sei entrato nel meccanismo. All'inizio è sempre un po' dura, perché oltre a voler essere accettato da ingegneri e colleghi - come persona in gamba, una persona che può dare qualcosa in più a livello di lavoro in pista - dovevi essere accettato anche da Michael, da Rubens [Barrichello, ndr], da Badoer. Con Michael avevo questa cosa perché era campione del mondo, però la concentrazione era alta in tutti i casi, perché te la facevano tenere alta. Non potevi mai abbassare la guardia."
FP: "Hai parlato di Schumacher in particolare, ma tu hai lavorato con tantissimi piloti in Ferrari. Qual è una caratteristica che ti è rimasta impressa di ciascuno di loro?"
FC: "Allora. Rubens [Barrichello, ndr]: gran pilota e molto più allegro e compagnone di quanto possa vedersi fuori, però gran professionista sempre. Con l'animo brasiliano, bello giocoso.
"Michael [Schumacher, ndr] era il grande professionista e il campione che guardava a qualsiasi particolare con la vista a 360 gradi, era un riferimento.
"Poi posso dire di Felipe [Massa, ndr] che era un pilota che, per dare il meglio, doveva essere 'coccolato'. Nel periodo di Felipe ho imparato l'attenzione a qualsiasi dettaglio e anche a fare di tutto per metterlo in condizioni di guidare, sia con il set-up del volante e tutto il resto. Doveva sentirsi parte di una squadra e la squadra di Felipe era molto coesa e vicina a lui, soprattutto nel periodo in cui c'era Fernando [Alonso, ndr], del quale subiva la pressione.
"Fernando è una persona che nel box al tempo era divisiva, nel senso che lui era un superstar. Però non è che siccome io non lavoravo sempre direttamente sulla sua macchina lui non sapeva chi fossi. Le persone poi nella squadra legano, sanno chi sono e quindi ti direi grandissimo accentratore, ma grande campione, proprio un cannibale. Un cannibale veramente all'ennesima potenza.
"Poi parliamo di Sebastian [Vettel, ndr], che aveva molte caratteristiche di Michael. Parliamo di due periodi diversi. Anche Michael aveva una spiccata umanità, però con Sebastian questa umanità è venuta fuori in maniera esplosiva, anche perché ci teneva a scambiare sempre due parole con noi, conosceva i nomi di tutti e ogni tanto si fermava a fare più chiacchiere anche del dovuto. Quando provava la macchina, i primi giorni che facciamo gli shakedown [di inizio stagione, ndr], io cercavo di trovare 30 secondi per guardarlo in faccia e dirgli 'com'è la macchina?'. Da lì sapevo com'era la base bene o male, perché chiaramente mi dava molto di quello che erano le sue sensazioni.
"Poi abbiamo Charles [Leclerc, ndr]: grandissimo talento, grandissimo. L'ho conosciuto da piccolino e gli ho voluto bene da subito, anche perché era quello che era mancato a noi con Jules Bianchi [pilota cresciuto nella Ferrari Driver Academy e morto nel 2015 per via di un tragico incidente al GP del Giappone del 2014, ndr]. Purtroppo è venuto a mancare un amico improvvisamente, un pilota di riferimento e poi ci siamo trovati lui [Leclerc, ndr] che poteva riaccendere questa speranza. Non nego che vedevamo molto di Jules in Charles: è un grandissimo talento, anche lui un talento esplosivo che negli anni doveva essere addomesticato; perché tu hai il talento, però devi andare a lavorare molto con il team, sul far sapere quello che vuoi, sul riuscire a lavorare e far funzionare le gomme. Sono tutti aspetti che trovi col tempo, lavorando.
"Carlos Sainz è un pilota molto completo, perché lui ha una grandissima esperienza con molti team ed è molto intelligente a capire e a mettersi a disposizione della squadra. La Williams ha fatto un bel colpo a prenderlo, perché è uno che - anche se se le sta prendendo in pista da Albon - nel team ti dà qualcosa in più; a livello di conoscenza, a livello di visione.
"Kimi [Raikkonen, ndr] è una persona dal cuore grande, però è di base un diffidente, quindi tu lo devi prendere bene, lo devi sapere prendere. Lasciami dire è come un animale, molto istintivo: lui ti annusa, è uno che odia il 'politichese', soprattutto a livello di gara. Vuole gareggiare, queste forme di politica lo disturbano tantissimo e infatti nella sua carriera è stato disturbato da queste cose. Adesso, frequentando il Lago di Garda, l'ho visto casualmente che era fuori ad un bar con la famiglia e l'ho salutato. Ci siamo abbracciati, abbiamo parlato di quello che stava facendo, del figlio, quindi è veramente una persona molto carina. Se la incontri è chiaro che adesso è fuori dalla competizione, è un'altra persona, magari più rilassato, però di base è un animale che annusa con chi ha a che fare ed è uno che la politica, o tutte queste persone che li girano attorno per fare parassita, non è che li odia però li vuole scacciare. Non trova conforto con tutto questo e quindi è sempre quasi un po' prevenuto con le persone, quindi devi sempre cercare il modo giusto [per interagire con lui, ndr]."
FP: "Tu con Kimi hai avuto anche un episodio sgradevole, rompendoti una gamba in un pit stop al GP del Bahrain del 2018. Ci puoi raccontare quello che è successo e come ti sei ripreso?"
FC: "Innanzitutto ho visto dei commenti su qualche video, e ci tengo a specificare che non è stata colpa mia: quella posizione la tenevo da 10 anni, quindi io mi fidavo del meccanismo, del sistema [del pit stop, ndr]. Sistema che è stato implementato con qualcosa che probabilmente in quel momento non ha funzionato come doveva funzionare, quindi ha dato modo di sganciare il jack posteriore dal pilota e lui inconsapevole ha mollato la frizione.
"Mi ricordo che ho visto scendere la macchina, girare la ruota e ho provato ad uscire... Però, appena ho visto andare giù la macchina, poi è diventato tutto buio. Mi sono rialzato e ho visto la gamba spezzata. Lì è stato uno shock. Poi ho tolto il casco e gli auricolari, perché era disturbante tutto quello che avevo intorno, e da lì è partita una nuova sfida: c'era da recuperare.
"Ho accettato l'infortunio non sapendo bene quali potessero essere le conseguenze, perché durante la mia guarigione la dottoressa a un certo punto mi ha detto 'ok, da adesso in poi abbiamo scongiurato il pericolo di amputazione della gamba'. Io non lo sapevo, ho detto 'come?' E mi ha spiegato che è facile che in queste cose il corpo non riconosca più la gamba come estensione e non le dia più i nutrienti, lasciandola quindi andare. Sentirlo è stato uno shock, però è stato buono che me l'abbia detto dopo [che il rischio di amputazione era stato scongiurato, ndr].
"La sfida era cercare di tornare in pista, perché non volevo che l'ultima immagine mia con la pista Ferrari fosse da sdraiato. Volevo anche far vedere quali sono i valori Ferrari e quanto uno si impegna per essere degno di essere un uomo Ferrari. Il mio obiettivo era far vedere, sia alle persone che all'interno della Ferrari - ai colleghi e a chi mi comandava - sia alla mia famiglia che la sfida era accettata e che dovevo essere il più ambizioso possibile per poter tornare in pieno. Questo era l'obiettivo.
"Dovevo essere orgoglioso di me e dovevo far vedere che io ero un uomo Ferrari, un uomo che accetta la sfida. Durante il recupero, al secondo o terzo mese mi ricordo, il dottore che mi seguiva mi ha detto che la tibia non si stava unendo e il perone sì. Ha dovuto operarmi per sistemare questa cosa, quindi sono ritornato indietro, sono 'retrocesso' nella riabilitazione, e quindi mi ha preso ancora del tempo."
FP: "Però col senno di poi ne valsa la pena di tornare a lottare e di uscirne vincitore... Rifaresti tutto quello che hai fatto allo stesso modo?"
FC: "Assolutamente sì."
FP: "Abbiamo parlato di Charles [Leclerc, ndr], ci hai detto tante belle cose su di lui. Ti chiedo se secondo te, dopo questo suo settimo anno in Ferrari, sta man mano maturando l'idea che potrebbe non vincere in rosso: potrebbe arrivare il giorno in cui dice 'ci ho provato, cambio squadra'?"
FC: "Può essere, però secondo me il suo pensiero è 'e se dovessi cambiare squadra e in un anno o due la Ferrari mette in pista la macchina quella che serve a me per vincere il Mondiale?' Poi bisogna vedere che alternative hai e quale certezze hai su quelle alternative.
"La stessa domanda me le ero fatta anch'io quando ho deciso di lasciare: 'e se è il prossimo quello giusto e ritorniamo a vincere?' Però a un certo punto tra le scelte ho deciso questo, quindi la scelta [di andar via, ndr] la potrebbe fare. Non la vedo come fattibile per ora, però ti dico che secondo me la domanda che si fa è quella: 'e se lascio finalmente tutto quello che voglio dalla macchina arriva l'anno dopo?"
FP: "Dici che il rimpianto di non vincere con la Ferrari per lui potrebbe essere molto più grande del rimpianto di non vincere un Mondiale in carriera?"
FC: "Sì, poi dipende da come è messo lui all'interno della Ferrari, perché se per esempio riesce a capire che non c'è più quel feeling di una volta, a un certo punto deve lasciare, però non credo che a questo punto sia così. Lui ha l'alta ambizione di portare il titolo in Ferrari e lo fa per se stesso, perché è un percorso che ha voluto fare e l'ha sposato completamente."
FP: "Dall'altra parte del box, invece, Hamilton non sta vivendo di certo un periodo facile. Credi che le nuove regole dell'anno prossimo possano essere anche un reset mentale per lui a livello di competitività?"
FC: "Ogni cambio di regolamento è un'opportunità per qualcuno che non è riuscito a coglierla prima. La sua esperienza ed il suo capire il nuovo modo di guidare potrebbe aiutare in qualche modo, ma deve avere una macchina efficiente. Lui è abituato a una macchina che ha un certo comportamento, sia grazie a lui che grazie all'area tecnica. Una macchina che gli dà fiducia, non così al limite come la Ferrari di oggi. Una macchina più solida, più 'sincera' nel comportamento.
"Lui ha in casa un campione [Leclerc, ndr] che ha molta esperienza, quindi penso che possa essere un reset mentale per lui, ma non so quanto è ambizioso il suo [di Hamilton, ndr] modo di imporre il suo modo di essere in Ferrari e quanto venga accolto bene o con precisione, questo non lo so. Dalle dichiarazioni che fa ogni tanto è come se lanciasse un campanello d'allarme."
FP: "Se tu fossi all'interno della squadra oggi, cosa penseresti da membro della Ferrari delle dichiarazioni di Hamilton?"
FC: "Se sei dentro la squadra conosci delle dinamiche che magari ti fanno capire meglio perché dice così. Da fuori posso dire che chiede molto a se stesso, chiede molto a chi ha vicino. Ho fatto un post [su Instagram, ndr] poco fa, perché stavo pensando a questa situazione e mi è venuto in mente che una cosa che faceva molto bene a Hamilton [in Mercedes, ndr] - e che non c'è in Ferrari come ruolo - è un Niki Lauda: uno che fa da anello di congiunzione tra team e pilota, portando quello che vuole Hamilton magari in una maniera un po' meno sfrontata. Qualcuno che fa da portavoce e che faccia da collante tra tutto il team e il pilota: questo era quello che poteva fare bene Lauda e che faceva bene a Hamilton."
FP: "So che il tuo pilota preferito era Gilles Villeneuve. Ti chiedo, avendo appunto lavorato in Ferrari, quanto ti sarebbe piaciuto conoscerlo? Se avessi avuto l'opportunità, cosa gli avresti detto?"
FC: "Innanzitutto gli avrei detto che tutto [il mio rapporto con la Ferrari, ndr] è partito tutto da lui e da Enzo Ferrari, da loro due. Ho visto una foto di recente in cui c'era Gilles Villeneuve che stava mangiando con delle persone, e tre di queste persone hanno lavorato con me, solo che queste tre persone, almeno due, sono scomparse.
"Il mio rimpianto è stato non mettermi lì a parlare di quei tempi approfonditamente; quando ho visto la foto e ho visto che c'erano loro uno ho detto 'mannaggia: nell'ambito del lavoro, lavoro, lavoro, non ho dato spazio a conoscere meglio chi stesse vicino a lui in quel periodo e chi fosse [Villeneuve, ndr].
"Poi ho conosciuto anche Jonathan Giacobazzi, che è figlio della famiglia che faceva da sponsor ed accoglieva Gilles, quindi qualcosa mi hanno detto. Sanno che ho questo mito che mi ha acceso la passione: lui è stata la fiamma da cui è partito tutto."
FP: "Quest'anno sei stato più volte ospite alla trasmissione Sky 'Race Anatomy'. In una puntata in cui non c'eri, hanno chiesto agli opinionisti chi vincerà il Mondiale tra Piastri e Norris, e soprattutto il perché. Quindi ti pongo lo stesso quesito."
FC: "Non sono sicuro che vinca quello che dico io, ma è quello che mi auguro possa vincere, ed Norris. Lui è un pilota che di base va fuori dagli schemi, perché è uno allegro e a me quelli così - un po' come Ricciardo - piacciono molto.
"Poi [Norris, ndr] è un pilota che ha mostrato il fianco, lui ha detto 'io ho queste debolezze, io non sono un supereroe, io sono questo qui, sono una persona che chiede molto a se stesso. Faccio degli errori, però sono questo'. Però cosa succede? Se mostri il fianco, dai la possibilità a un Piastri di attaccarti a due giri dalla fine entrando a kamikaze [come successo in Ungheria, ndr], pensando 'lui lo scontro fisico lo teme, si sposta ed entro io'. È come se sanguinassi in mezzo a una vasca di squali. È bello da parte sua dire 'ok, guardate che io sanguino', però hai di fronte a degli squali hanno un istinto [cannibale, ndr]."
FP: "Ultima domanda: cosa diresti ad un ragazzo che ha il sogno di lavorare in Ferrari? Che consiglio gli daresti?"
FC: "Innanzitutto deve avere la passione e deve sapere che, quando un sogno si realizza - come quello di lavorare in Ferrari - poi c'è il sacrificio, quindi non è tutto rose e fiori. Per far sì che il sogno diventi realtà, in qualsiasi ambito, devi sacrificare molto del resto: tempo, amicizie, tante cose che vorresti fare; anche perché viaggi, devi gestire i fusi orari...
"Una delle cose che posso dire è che, quando il sogno diventa realtà, non è la famiglia del Mulino Bianco: c'è da lavorare forte, devi essere concentrato, capace e tenere la pressione anche quando non la vorresti tenere. Quando ti si rompe la macchina tra PL3 e qualifiche, hai tanta pressione... Sono cose che ti capitano ed è una bella pressione, perché dici 'se io fallisco, saltiamo la qualifica'. Mi ricordo benissimo che una volta ci successe con Vettel [al GP di Germania del 2019, ndr] non fa la qualifica perché non siamo stati in grado di risolvere un problema.
"Bisogna essere determinati e accettare molte cose che, quando sei dentro e hai tutti gli occhi puntati addosso, ti mettono sempre passione. E richiedono tanto sacrificio."
FP: "Che dire, Francesco. Grazie di cuore per la disponibilità e per tutto quello che ci hai detto".
FC: "Grazie a voi".
N.B. Si ringrazia Francesco Cigarini per la cordialità e la disponibilità mostrate nell’intervista. La riproduzione parziale di questa intervista esclusiva è consentita previa citazione dell’autore (Fabrizio Parascandolo) e della fonte Formula1.it con il link al contenuto originale.
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